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Si riconosce a LiberaTV il ruolo di informazione alternativa

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logo-libera-tvIn occasione dell’assemblea costituente del nuovo Sindacato Generale di Base nato dopo una rottura interna con l’Unione Sindacale di Base, Massimo Betti con una intervista a LiberaTV,  riconosce il ruolo della nostra testata come elemento cruciale per una informazione alternativa alla logica dei media attuali e che partendo dal basso mette in evidenza le realtà sociali nella loro vera spontaneità naturale senza vincoli o preferenze; anche quando in questa spontaneità si manifestano sostanziali differenze e divergenze 


DOCUMENTO CONCLUSIVO DELLA COSTITUENTE SGB

 27 FEBBRAIO 2016

ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE SGB- SINDACATO GENERALE DI BASE

Da pochi giorni abbiamo concluso la nostra esperienza in USB di cui molti di noi sono stati fra i fondatori, decidendo di dare vita un nuovo soggetto sindacale che faccia dell’indipendenza, della difesa esclusiva degli interessi di classe, della trasparenza, del pluralismo, della partecipazione e della democrazia interna,  i suoi tratti distintivi.
Abbiamo insomma deciso di rompere con lo schema mono identitario ed autoreferenziale che ha caratterizzato USB  per metterci al servizio di un progetto unitario con il resto del sindacalismo di base e conflittuale che non era possibile portare avanti dentro USB.
La campagna di USB contro la nostra scelta è senza soluzione di continuità e verte sempre sui medesimi argomenti triti e ritriti secondo i quali sarebbe una scelta opportunistica legata a questioni economiche (sic!) e/o di ricerca di ruoli da parte di alcuni di noi. Balle e fango, utili a compattare chi dentro USB non vuole guardare le cose in faccia e soprattutto a nascondere sotto il tappeto i problemi politici che abbiamo sollevato e la natura antidemocratica di questa USB in cui noi non ci riconosciamo più e che il regolamento interno approvato il 5 febbraio scorso formalizza.
Quel regolamento che fra le altre cose  impedisce ogni forma di dissenso politico interno, che prevede un unico documento politico congressuale e consegna nelle mani dell’esecutivo nazionale oltre a tutti gli strumenti economici ed organizzativi anche il potere di sospendere coloro che non rispettano le decisioni assunte dagli organismi dirigenti; è la chiusura del cerchio e ci conferma nella giustezza della decisione di uscire da USB prima della sua approvazione.
Oggi ci lasciamo alle spalle tutto ciò, rivendicando orgogliosamente il nostro percorso di militanti sindacali di classe, senza rinnegare nessuna delle scelte fatte. Sicuramente avremo commesso come molti altri, tanti errori ma non abbiamo nulla da abiurare.
La nostra critica alle politiche di USB dura da oltre un anno ed è stata portata avanti dentro gli organismi statutari, i coordinamenti nazionali e territoriali e gli esecutivi. Questa scelta è stata fatta perché almeno fino a metà dicembre 2015 abbiamo creduto che fosse possibile una battaglia interna che provasse a modificare le cose o perlomeno a consentire una convivenza dialettica fra pensieri diversi su alcuni temi di fondo. Se avessimo proposto le nostre critiche all’esterno degli organismi come abbiamo fatto poi il 5 dicembre 2015 con l’assemblea di Bologna aperta agli iscritti usb, saremmo incorsi nei procedimenti disciplinari ben prima. Allo stesso tempo la decisione di portare la discussione per lungo tempo solo all’interno degli organismi ci ha impedito un rapporto diretto con la grande parte degli iscritti e con l’esterno sui temi politici di fondo che abbiamo contestato ed ha lasciato ampio margine alla dirigenza USB per continuare con la macchina del fango che, si sa, funziona bene nei corridoi piuttosto che nelle riunioni ufficiali.
Il nostro obbiettivo fin da quando abbiamo aderito ad USB è stato quello di lavorare affinché fosse possibile costruire quel sindacato di classe e di massa di cui c’è un infinito bisogno ed oggi purtroppo dobbiamo definitivamente constatare che ciò non è possibile con USB.
Secondo noi infatti  un sindacato che vuol essere generale e di classe deve essere democratico e collegiale al suo interno, trasparente, conflittuale, indipendente. L’esperienza dei meccanismi pratici con cui grandi organizzazioni sindacali di massa si sono trasformate in sindacati di puro e semplice apparato ci indicano qual’ è la strada che non si deve assolutamente percorrere.
Democrazia Vogliamo affermare che senza libero dibattito, non inficiato dalle criminalizzazioni o punizioni di chi esprime magari opinioni diverse e costruttive su alcuni specifici punti, non ci si può definire sindacato di base. Deve essere assicurato a ogni iscritto il diritto di esprimere posizioni diverse sulle scelte: sono inaccettabili le discriminazioni nei confronti di chi la pensa diversamente, mentre è auspicabile che la discussione a posteriori avvenga sui risultati e la pratica attuata,  e non prescindendo da questi. Si deve usare una pratica che affronti e discuta collettivamente i risultati positivi come quelli negativi senza pensare di imporre una disciplina che va invece conquistata sul piano politico.
Territorialità– In una fase come l’attuale di profonda trasformazione dei rapporti di forza di mutazione della composizione di classe, di estrema disgregazione della stessa, è sbagliato dotarsi di una struttura estremamente centralizzata che non faccia sintesi della complessità in cui navighiamo quotidianamente. In questo senso i territori sono una ricchezza di pratiche sindacali e di sperimentazioni che debbono essere analizzate e condivise perché possono arricchire il bagaglio di una organizzazione sindacale generale.
Trasparenza, Rendere trasparenti le scelte politiche ed organizzative, è necessario ancor di più che nel passato visto l’attacco dei poteri forti allo strumento sindacale. Ciò è fondamentale oggi per rendere tutti gli iscritti e i militanti messi a conoscenza di capire come e perché vengono prese le decisioni e il corrispondente uso delle risorse collettive. Questo è il fondamento di un sindacato che vuole agevolare e costruire la partecipazione.
Conflittuale. Essere oggi conflittuali richiede una serena discussione su come sviluppare il conflitto. E’ sbagliato scambiare il conflitto con la rappresentazione dello stesso, l’iniziativa mediatica concepita non per affiancare la mobilitazione ma per sostituirla. Servono invece delle pratiche di sostegno reale ai lavoratori che riescono a far vivere le lotte e il conflitto operaio; tanto più necessario in un momento in cui la repressione nei confronti di chi si oppone al sistema dominante si fa più alta.
Indipendenza dal quadro partitico. Rivendicare l’indipendenza non significa affatto negare il valore politico del sindacato generale e nemmeno della militanza politica che ogni compagno deve essere libero di praticare e anche valorizzare all’interno del dibattito nel sindacato, alla luce del sole.  Significa che oggi più che mai, è necessario tenere ben distinti i piani, senza sovrapposizioni e senza che il primo decida in maniera più o meno occulta per il sindacato che deve invece essere messo nelle condizioni di discutere approfonditamente le proprie strategie politiche. Significa essere svincolato da condizionamenti sia nelle risorse che nella definizione dell’azione, che compete alle strutture definite collettivamente.
Allo stesso tempo non ci convincono le esperienze che partendo dalla inevitabile perdita di peso contrattuale delle organizzazioni sindacali, arrivano a sovrapporre o a mescolare l’attività sindacale a quella politica in una sorta di movimentismo politico/sindacale senza futuro.
A partire da questi convincimenti abbiamo deciso di uscire da USB ed avviare la fase costituente di SGB con questa assemblea nazionale e soprattutto di  stringere un rapporto con il resto del sindacalismo di base e conflittuale a partire dalla Confederazione Unitaria di Base, da cui molti di noi provengono e di cui conosciamo la struttura organizzativa fondata sulle singole categorie e la centralità delle strutture territoriali che godono di quella autonomia necessaria per sviluppare al meglio il sindacato di base.
Siamo convinti che ripartire da qui, dal rapporto con quelle compagne e quei compagni che hanno continuato a praticare il sindacato di base e conflittuale con percorsi differenti dai nostri degli ultimi anni, sia la cosa giusta da proporre a tutti coloro che non si arrendono all’idea che nel nostro paese non sia possibile un forte e radicato sindacato di classe.  Crediamo che alcune scelte che questi compagni hanno fatto, diversamente da noi dentro USB, come quella di non firmare l’accordo del 10 gennaio e di indire uno sciopero generale contro le guerre e le politiche del governo siano una ottima base di partenza per un rapporto che ci auguriamo sia sempre  più stringente.
Per questo abbiamo chiesto alla CUB di federarci.
Si apre con oggi la fase costituente di SGB che proponiamo ci porti al primo congresso nell’autunno 2016. Nel percorso e nelle vicissitudini che ci hanno portato alla scelta di rompere la gabbia USB e ad affacciarsi al mondo, stiamo acquisendo una nuova visuale. Ci sembra in qualche modo naturale e sicuramente necessario rifuggire da ogni logica autoreferenziale per mettersi invece al servizio di un progetto di unificazione delle lotte che miri all’obbiettivo della ricomposizione delle differenti storie del sindacalismo di base e conflittuale superando inutili steccati di cui tutti noi siamo in qualche modo responsabili. Una scelta la nostra che pensiamo essere una necessità a fronte di una fase politica nella quale gli effetti della competizione capitalistica ed imperialistica mondiale producono mostri contro l’umanità come la guerra permanente nella quale siamo immersi ormai da 25 anni, una disgregazione sociale ed organizzativa della classe alla quale fa da contrasto il dominio pressoché assoluto delle politiche della  Troika.
Una situazione che dovrebbe indurre tutti a rifuggire dall’idea di autosufficienza utile forse a riprodurre un ceto politico a vocazione minoritaria ma non a contribuire alla nascita di un sindacato di massa e di classe.
Non intendiamo assistere passivamente a ciò che sta accadendo nel contesto in cui ci muoviamo ed anche per questo proponiamo di aderire allo sciopero del 18 marzo indetto dalla  CUB e da altri sindacati di base e di viverlo come una occasione per portare nei luoghi del lavoro e nelle piazze i contenuti di una piattaforma che coniuga giustamente la lotta agli effetti della guerra imperialista con quelli della guerra di classe interna che condiziona la vita di milioni di persone.
In questo senso siamo consapevoli che SGB non è il punto di arrivo ma è lo strumento necessario per riprendere da dove ci eravamo fermati e per dare il nostro contributo al processo di ricomposizione di cui abbiamo detto. Sappiamo che la strada è in salita e che la dovremo percorrere con i pochi strumenti e le poche risorse che la nostra scelta ci ha consegnato ma con l’entusiasmo militante di chi sa di avere fatto la cosa giusta, di chi ha voglia di ricominciare da dove altri hanno interrotto  e di mettersi al servizio di un progetto generale che deve fare sintesi delle nostre diverse esperienze per poterle superare a favore di un nuovo e percorso collettivo di lotte e conflitti, di contrattazione sindacale e sociale.
Bologna 27/02/2016

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