ASSEMBLEA DEL SINDACALISMO DI BASE A MILANO
Dopo lo sciopero generale che mandò il Paese in “tilt” il 16 giugno, riparte il conflitto. Lavori in corso, intanto, sulla unità d’azione di tutto il sindacalismo di base.
Interviste a cura di Alfredo Comito LiberaRete – Libera.tv
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Rappresentanti e delegati CUB, SGB, USI AIT, S.I. Cobas, SLAI COBAS, si sono ritrovati a Milano per indire lo sciopero nazionale contro i progressivi tagli ai diritti dei lavoratori e allo stato sociale, ma anche per discutere di unità di azione. Un tema, questo, che da sempre attraversa la storia del Sindacalismo di base nato alla fine degli anni ’80 come risposta alla scelta concertativa di CGIL, CISL e UIL. Una scelta che cambiò radicalmente i rapporti di forza nel Paese a discapito dei lavoratori che con la c.d. pace sociale hanno guadagnato, ai fatti, la riforma delle pensioni, la perdita dello Statuto dei Lavoratori e dell’art. 18, la frammentazione del lavoro e la sua quasi totale precarietà.
Il sindacalismo di base è cresciuto in tutti questi anni nonostante la censura dei mass media nazionali che ne ignorano sistematicamente ogni iniziativa o denunzia, ma resta un mondo frammentato e profondamente diviso dopo l’accordo del 10 gennaio del 2014 (Accordo sulla Rappresentanza) che ha visto la firma anche di qualche organizzazione di base.
Un accordo che sancisce definitivamente la pace sociale, che prevede politiche dette di “raffreddamento”, e introduce sanzioni per i dissenzienti. Un testo che stride fortemente con i principi della Costituzione e con tutta la dottrina giuridica del lavoro antecedente al revisionismo di Berlusconi e Renzi.
L’accordo del 10 gennaio inoltre, tende ad emarginare coloro che non lo hanno sottoscritto, avendo come obiettivo quello di sancire con un atto formale chi e come può fare sindacato e rappresentare i lavoratori. E anche questo stride, anzi, equivale ad una bestemmia per la nostra Costituzione che all’art. 39 sancisce “L’organizzazione sindacale è libera”.
Immaginiamo se l’ex Presidente Pertini potesse scrivere un testo in cui si dice che alcuni lavoratori possono costituire un sindacato che li rappresenti e altri no!
Oggi è possibile, e davanti a questo pericolo per i diritti dei lavoratori e per la democrazia in Italia, il sindacalismo di base prova a discutere, a riprendere le fila di un dialogo mai cessato, ma allo stesso tempo, mai giunto alla completa unità d’azione sul terreno del conflitto.
I 46 contratti precari esistenti in Italia sommati alla crescita inarrestabile di nuovi Contratti di Prestazione Occasionale con cui sempre più persone si guadagnano da vivere con contribuzione ridicola, senza un contratto vero e proprio, senza tutele reali, alla mercé del datore di lavoro o “utilizzatore finale” dir si voglia, sta condannando una intera generazione alla povertà e alla emarginazione, a non avere alcuna speranza di raggiungere una pensione dopo 43 anni di lavoro, a dover emigrare come unica speranza.
Le ingiustizie economiche e sociali, la corruzione, le raccomandazioni, le infiltrazioni mafiose che condizionano investimenti e scelgono i sindaci, hanno ormai raggiunto un livello insostenibile per la povera gente, per la massa dei lavoratori precari, autonomi, a partita iva, a chiamata, che si dibattono per guadagnarsi la pagnotta.
Lo sciopero Generale del 16 giugno scorso ha raccolto le adesioni di molti lavoratori, molti più di quanti ne rappresentino i sindacati di base che lo hanno indetto e ha dimostrato che il Paese è stanco e c’è voglia di reagire, di alzare finalmente un fronte davanti agli attacchi ininterrotti del patronato e dei vari governi che chiedono sacrifici sempre alla stessa fetta della società.
Nella assemblea milanese si proclama lo sciopero generale per il 27 ottobre e si parla di unità, ma non pare ci siano ancora le condizioni perché tutte le sigle sindacali di base scioperino lo stesso giorno. Il solco tracciato dall’accordo del 10 gennaio 2014 è profondo. Qualcuno tra i lavoratori e rappresentanti sindacali prova a discuterne senza molti consensi.
Si riapre il conflitto, dunque, ma non sarà unica la data dello stesso. Il conflitto è sempre l’indice di una democrazia, elemento di trasformazione della società così come in una famiglia, ma oggi viene messo in discussione dalla politica e dal patronato che parlano di necessità di nuove regole per limitarlo. Una società che si desidera muta e obbediente.
Se i lavoratori sapranno rispondere agli appelli del sindacalismo di base e sapranno spingerlo oltre i propri conflitti, saranno solo le piazze e la storia a dircelo. Di certo, come dice il famoso detto, l’unità fa la forza, e i lavoratori e disoccupati italiani ne hanno proprio bisogno.
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