3000 persone, quasi tutte studenti, sfilano pacificamente a Fez, in solidarietà col resto del Maghreb
Dai manifestanti gravi denunce nei confronti del regime
Hourria e ahadalà, libertà e giustizia in arabo, sono gli slogan che suonano più spesso, mantenimento del potere d’acquisto dei salari, lotta alla disoccupazione e costituzione democratica, le richieste di fondo, nessun attacco al re Mohammed VI, ma piuttosto al regime corrotto.
Circa tremila marocchini hanno sfilato a Fez, dopo essersi ritrovati in circa 300 alle 10 del mattino del 20 febbraio a Place Florence, nell’avenue Hassan II, e aver coinvolto, in un corteo che ha attraversato tutto il camminamento del vialone, la gente che stava ai margini a guardare.
Bordate di fischi sono partite verso gli edifici governativi, le banche, la sede della 2M, una catena televisiva controllata dal regime, e la Prefettura.
Davanti alla prefettura un signore sventolava la fotopia del ritratto di un ragazzo. Alla mia domanda « chi è ? », mi risponde « uno studente della città Sidi Mohammed Ben Abdelal arrestato e incarcerato dalla polizia e di cui non si sa più niente ».
Gran parte dei manifestanti erano giovani studenti, anche se nel corteo erano presenti intere famiglie con bambini e in abiti tradizionali, qualche donna, soprattutto ragazze, e molti poliziotti in borghese, intenti soprattutto a tenere d’occhio i giornalisti locali e l’unico straniero presenti. Poche decine di agenti in tenuta antisommossa disposti davanti agli edifici governativi sono stati sufficienti a controllare una manifestazione volutamente pacifica, e che non ha avuto nessun momento di vera tensione.
A organizzarla e a gestire il corteo diverse organizzazioni di studenti universitari, che nei giorni scorsi hanno pubblicato sui loro blog le adesioni di varie ONG locali, e anche di una associazione islamica, «Spiritualità e Giustizia » , assente, poi, o quanto meno non visibile, nel corteo.
La manifestazione si è conclusa verso le 15, a Place Florence, il punto di partenza, con una sorta di assemblea pubblica.
Le manifestazioni, che sono avvenute in tutto il Marocco sull’onda di quelle nel resto del nordafrica, hanno preso il via dall’appello su Facebook di Oussama el Khlifi, un blogger di 22 anni, diplomato in informatica e disoccupato. Il primo appello era per il 27 febbraio, ma quando Oussama e gli altri promotori si sono accorti che il 27 coincideva con l’anniversario della proclamazione della Repubblica Democratica Araba Sahraouie (1976), le hanno anticipate, anche sulla base della risposta della rete, al 20 febbraio.
Mohamed è uno dei leader della manifestazione di Fez. Ha 24 anni, è laureato in lingue ed é disoccupato. In un inglese fluente mi racconta che “questa manifestazione è di solidarietà con quelle tunisine ed egiziane”.
« Come avete fatto a organizzare questa manifestazione, in una situazione in cui I giornali non parlavano d’altro, ma in totale assenza di indicazioni precise (dove e a che ora, per esempio(? »
« Attraverso il passaparola delle associazioni di studenti universitari e i social network »
« In che rapporto siete con le organizzazioni religiose »
« Alcune associazioni attaccano i nostri cortei, sono reazionarie, come i gruppi sciovinisti e nazionalisti »
« Quanto è diversa la situazione marocchina dql resto del Maghreb ? »
« La situazione di ingiustizia è la stessa, occorre un cambiamento di regime. Anche qui in Marocco gli studenti dissidenti (comunisti e socialisti ( vengono incarcerati. Le manifestazioni di universitari ci sono ogni giorno, e – aggiunge – il 28 dicembre 2008 durante scontri con la polizia uno studente é stato ucciso a Marrakesh. Le carceri Marocchine ospitano molti prigionieri politici, in particolare studenti. Davanti a fotografi e telecamere la polizia non muove un dito, ma quando lasceremo la manifestazione ce la faranno pagare.»
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