Teledurruti
Ma il magnete per auto di Benedetto XVI dopo le dimissioni agisce ancora?
Varrà ancora l’apotropaica scritta “OVUNQUE PROTEGGIMI”?
I grandi interrogativi di Teledurruti
“Teledurruti” è innanzitutto un romanzo di Fulvio Abbate, rimasto a lungo inedito e infine pubblicato, nel 2002, dall’editore Baldini & Castoldi. Nello stesso tempo, Teledurruti è anche un programma televisivo andato in onda dall’ottobre del 1998 alla primavera del 2003, con lo stesso titolo, su due emittenti romane, TeleAmbiente e TeleDonna.
Un’emittente dedicata, appunto, a Buenaventura Durruti, protagonista della rivoluzione libertaria spagnola del 1936. Una emittente-palafitta, un’avventura mediatica a fondo perduto dove è stato possibile, fra molto altro, promuovere un seminario sul tema dello stronzo, ma soprattutto mostrare un “varietà di fototessere” come forma spettacolare assoluta. Alla realizzazione del progetto ha innanzitutto collaborato il pittore Mariano Rossano, sua la scena che raffigurava un profilo nero e rosso su sfondo azzurro.
La sigla del programma mostrava le immagini di Durruti e della sua Colonna di miliziani in marcia verso il fronte di Saragozza nell’autunno del 1936, accompagnate dal sonoro di “Cant’Help Falling In Love” di Elvis Presley registrata via satellite alle Hawaii il 14 gennaio 1973.
Teledurruti è quindi una televisione-fototessera, anzi, una televisione monolocale, nata con l’obiettivo di rendere felice almeno un uomo sulla terra, il suo stesso inventore, lo scrittore Fulvio Abbate. Una televisione che custodisce un implicito omaggio anche al pittore Mario Schifano, che avrebbe voluto disegnarne il logo.
Teledurruti il 7 ottobre 2008 ha compiuto dieci anni.
Dal marzo al giugno 2009 a “Omnibus Life”, La7, tutti i venerdì, Teledurruti è stata presente con la rubrica “Abb(i)ate pazienza”.
Dopo essere andata inizialmente in onda sul canale TeleAmbiente, dal 19 dicembre 2007 l’emittente vive autonomamente in Rete, salvo un breve periodo in cui i suoi filmati sono stati trasmessi anche dal canale saltellitare Yks della piattaforma Sky.
Teledurruti custodisce così i tratti di un’avventura mediatica senza succursali nel panorama televisivo esistente, un planetoide di liberazione espressiva e di rifiuto laico del luogo comune, un guscio di noce mediatico.
Dopo essere stata una “televisione-fototessera”, da quando è approdata nel web, Teledurruti risponde – lo ribadiamo – al format della “televisione monolocale”. Un modello espressivo e mediatico che Fulvio Abbate ha illustrato nel suo “Manuale italiano di sopravvivenza. Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto” pubblicato da Cooper Editore nel 2010.
Il critico Aldo Grasso, sul “Corriere della sera”, non senza sarcasmo, l’ha definita “una televisione intelligente”. “Blob”, Raitre, ne trasmette spesso dei frammenti. Fulvio Abbate è stato definito “l’Andy Kaufman della televisione italiana”.
Teledurruti si è guadagnata un capitolo nel volume “Il mucchio selvaggio, storia della televisione locale in Italia” di Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini, e una citazione nel romanzo di Fernando Arrabal, “Champagne tour tous”. Anche Walter Siti, nel suo romanzo “Resistere non serve a niente”, nomina Teledurruti.
Il 25 dicembre 2008 l’Associazione Moana Pozzi ha consegnato il Premio Le Ceneri al suo inventore.
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