Il rientro dell’Italia dalla procedura d’infrazione per debito eccessivo, deciso dalla Commissione europea, se da una parte consente al “governissimo” Letta di tirare un po’ il fiato e di dedicarsi alle complicate alchimie politiche necessarie a mantenersi in piedi, dall’altra annuncia una bella nuova ondata di provvedimenti antipopolari.
La Commissione infatti chiede di rafforzare la spending review, di legare i salari sempre più alla produttività, di proseguire nelle liberalizzazioni e privatizzazioni, di aprire il mercato a maggiore concorrenza, di spostare il peso fiscale dal lavoro e dal capitale ai consumi (l’IVA)ai beni immobili (l’IMU) e all’ambiente (???).
Resta anche confermata l’applicazione del pareggio di bilancio a partire dal prossimo anno, il che comporterà un prelievo dalle tasche dei cittadini di almeno 50 miliardi di euro annui.
Insomma a gioire sono, tanto per cambiare, soprattutto i mercati e le forze politiche, impegnate a non scannarsi fra loro per cercare di portare questo governo il più in là possibile, come consiglia il responso delle urne e il catastrofico – per loro – calo della partecipazione al voto.
Gioisce meno chi comunque continuerà ad essere immerso in una crisi profonda – proprio in contemporanea alla decisione della Commissione Europea l’OCSE ha rivisto al ribasso le stime sul PIL Italiano – e in una recessione di cui è difficile intravvedere la fine. Comunque sia un fatto rimane certo ed incontrovertibile: non siamo noi a decidere del nostro futuro, nel bene e nel male.
Il pilota automatico, l’Unione Europea e i suoi apparati economici, decidono per tutti e ricattano i Paesi e i governi che, a questo punto non sono altro che dei meri esecutori delle volontà di Bruxelles.
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