Ma è possibile che non ci sia un giudice in Italia che si chieda se le azioni messe in atto dalla Fiat sono lecite?
A Pomigliano, dove la cassa integrazione è continua da anni e viene pagata da tutti noi, Marchionne inaugura una serie di giornate di straordinario al sabato per far fronte, dice lui, ad un picco di richieste della nuova Panda. Non contento manda la polizia a picchiare chi si oppone e, come se non bastasse, censura, coadiuvato dallo scodinzolante Bonanni, il vescovo di Nola che ardisce dar ragione a chi sta fuori da anni dalla fabbrica a mezzo salario piuttosto che all’ad Fiat.
Alla SEVEL di Atessa, contestato dagli operai aderenti alla USB per le sempre più pesanti condizioni di lavoro senza diritti all’interno dello stabilimento, il signor Marchionne minaccia tutti dicendo che se non cambieranno le regole questo sarà l’ultimo investimento Fiat in Italia e, per dimostrare la propria lungimiranza e magnanimità, fa intervenire gli operai vicini a Bonanni e Angeletti che leggono discorsi plaudenti preconfezionati dalla direzione aziendale.
Sul fronte degli investimenti mentre, come dicevamo più sopra, continua ad attingere copiosamente ai fondi pubblici per mantenere in cassa integrazione migliaia di operai, lancia la scalata a RCS (Rizzoli Corriere della Sera), definito un “investimento strategico”, il che significa che la FIAT, già proprietaria da sempre de La Stampa, sta pericolosamente accentrando nelle sue mani una fetta consistentissima dell’editoria nazionale, con buona pace del pluralismo e della democrazia.
Ma tutto ciò è lecito? Non è ravvisabile alcun reato nel comportamento di padron Marchionne e della famiglia Agnelli? Utilizzare i risparmi sul fronte della produzione, grazie alla concessione della CIG per migliaia di suoi operai, per avere la liquidità necessaria d acquisire RCS non suscita davvero nessuna riprovazione? Far fare i sabato di straordinario mentre nello stesso stabilimento si fanno anni di CIG, non ha il sapore della truffa?
Licenziare le avanguardie di lotta perché osano mettere in discussione le mancate garanzie e tutele per la salvaguardia della salute dei lavoratori negli stabilimenti, non ha il sapore della rappresaglia? E utilizzare i pedinamenti per fare tutto questo non racconta di uno stato di polizia privato che non è contemplato nella nostra Costituzione?
Servirebbe qualche giudice con la schiena dritta che aprisse un fascicolo giudiziario e dicesse al signor Marchionne che lui è il padrone della Fiat, non del Paese e che non può continuare a fare impunemente quello che vuole. Per noi questo è e rimarrà un punto centrale della nostra battaglia politica e sindacale.
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