Egitto. La “rivoluzione tradita”. Ma da chi?
Ancora una giornata di sangue e violenza in Egitto con un bilancio che parla di 80 morti e un migliaio di persone arrestate. Si parla sempre più spesso di “rivoluzione tradita” o “restaurazione”, ma tradita da chi?
Sfogliando i giornali o guardando la televisione si sente parlare in Egitto di “rivoluzione tradita”. Quando si vedono i video di migliaia di Fratelli Musulmani che scappano sui viadotti dalle pallottole vaganti e dalle cariche della polizia viene quasi spontaneo pensare che le forze di sicurezza stiano soffocando la rivoluzione. E’ uno schema semplice, difficile da mettere in discussione, ma è uno schema profondamente errato e superficiale in quanto in Egitto non stiamo assistendo a una semplice repressione dell’esercito contro il popolo, bensì a una vera e propria guerra civile dal momento che, da oltre due mesi, i pro e gli anti Morsi continuano ad affollare le piazze del Cairo senza sosta.
Siamo di fronte a un Paese diviso, con gli islamici moderati e radicali da una parte e i laici progressisti di sinistra e nazionalisti dall’altra, un’empasse senza uscita perchè le due fazioni hanno un’idea di Egitto troppo distante gli uni dagli altri per operare una sintesi. E intanto, mentre il mondo cerca di capire quello che succede all’ombra delle Piramidi, ieri si è di nuovo sparato nelle strade egiziane, con un bilancio che parla di 80 morti e 1000 arresti in tutto l’Egitto. Alle sei il coprifuoco imposto dai militari è finito, e quindi la gente è stata libera di tornare nuovamente in piazza, e continuare così la guerra civile, una guerra civile che nessuno sembra più essere in grado di arrestare.
Rivoluzione tradita? Si parla di “rivoluzione tradita”, una immagine romantica e di sicuro effetto, ma che nel caso dell’Egitto ci sembra quantomeno superficiale. Innanzitutto, chi ha fatto la rivoluzione, ammesso che di rivoluzione si potesse parlare? Nel febbraio 2011 Hosni Mubarak fu sì costretto a dimettersi, ma senza la pressione operata dall’esercito e dalla polizia, Mubarak non sarebbe mai caduto. Se rivoluzione è stata quindi, si deve parlare di una rivoluzione contro Mubarak cui hanno preso parte laici e islamici lottando gomito a gomito contro il Raìs, difeso invece solo dai suoi fedelissimi e abbandonato dalle forze di sicurezza. Dopo questa prima fase, apparentemente vittoriosa della rivoluzione, il potere è stato momentaneamente preso dall’esercito, che ha traghettato l’Egitto verso le urne.
Le urne hanno sancito la vittoria di Mohamed Morsi dei Fratelli Musulmani, uniti e compatti al contrario del fronte delle sinistre progressiste, che come al solito sono giunte all’appuntamento elettorale divise e confuse, venendo infine sconfitte. I Fratelli Musulmani una volta preso il potere non lo hanno gestito con saggezza. Hanno prima trovato accordi con Obama e gli Stati Uniti, trovando quindi la stabilità internazionale grazie anche all’amicizia con cui un Paese come la Turchia ha salutato la vittoria di Morsi. Poi hanno cercato di imporre la loro visione dell’Egitto a tutto il Paese, senza riuscire a capire che le aspettative degli egiziani laici non avevano nulla in comune con l’idea di Stato confessionale che hanno invece i Fratelli Musulmani. In questo senso il modo di governare dei Fratelli Musulmani è giù di per sè considerabile una “rivoluzione tradita”, in quanto le aspettative di democrazia, modernità, libertà e progresso che portarono centinaia di migliaia di giovani in piazza Tahrir sono state completamente tradite dall’oscurantismo islamico di Morsi e dalla Costituzione dal sapore medievale che il suo partito ha preparato. Il resto è storia recente, i Tamarod, ovvero l’opposizione laica e progressista a Morsi, tra giugno e luglio sono tornati ad affollare piazza Tahrir chiedendo questa volta la testa di Morsi, assurto a figura di nuovo Raìs al posto di Mubarak, ma un Raìs religioso e quindi molto più pericoloso. Centinaia di migliaia di persone hanno affollato le strade del Cairo finchè le forze di sicurezza dell’esercito non hanno provveduto all’arresto di Mohamed Morsi, scatenando la violenta reazione dei Fratelli Musulmani, che hanno occupato piazze e Moschee a tempo indeterminato.
Da allora in Egitto è calato il caos, con i Fratelli Musulmani che si sono armati e barricati nelle piazze congelando il Paese. L’esercito ha lanciato diversi ultimatum, tutti ignorati, poi ha sgomberato le piazze nel mercoledì sera di sangue dove oltre 600 persone sono rimaste uccise. Torniamo quindi alla domanda iniziale, una rivoluzione tradita da chi? dai militari o da chi ha strumentalizzato la Rivoluzione contro Mubarak per prendere il potere e imporre una visione estremista e religiosa dello Stato?
Vi è poi un altro mito da sfatare, in Egitto non stiamo assistendo a polizia ed esercito contro il popolo. Stiamo assistendo a un quadro pericoloso nel quale i Fratelli Musulmani si organizzano in bande e anche l’opposizione a Morsi si sta organizzando a combattere una guerra civile vera e propria. Ieri i residenti di diversi quartieri, sulla base di alcune fonti, avrebbero sparato colpi di arma da fuoco sui Fratelli Musulmani, segno che l’Egitto è realmente diviso tra coloro che appoggiano la repressione del generale Al-Sisi e coloro che vogliono il ritorno al potere di Mohamed Morsi. E il bello è che la situazione peggiora ora dopo ora dal momento che i Fratelli Musulmani hanno annunciato altri sette giorni di manifestazioni e proteste, e anche i Tamarod anti-Morsi hanno promesso sit-in e cortei, con il rischio che le due fazioni vengano a contatto. Ai militari infatti si starebbero aggiungendo le cosiddette “milizie dei cittadini”, ovvero gruppi di quartiere che affiancano i militari perchè sono contro i Fratelli Musulmani e non vogliono il ritorno dell’ex presidente Morsi. Tanto per far capire come sia difficile dire chi ha tradito chi, anche il Partito Comunista Egiziano ha diramato un comunicato nel quale si schiera con la decisione dell’esercito di intervenire e contro la presa di posizione della Casa Bianca contro Al-Sisi.
Quando è stato eletto Morsi ha promesso “comprensione e moderazione”, ma nella realtà ha spinto l’Egitto verso il medioevo, scatenando la reazione di chi invece vuole vivere nella modernità. Un conflitto tra fede e laicità collegato a doppio filo con quello che sta succedendo in in Siria, dove i salafiti e gli estremisti islamici hanno preso le armi contro l’esercito laico da oltre tre anni, senza però riuscire a piegare la resistenza di Damasco. E avendo resistito Damasco, ultimo baluardo laico della zona, ecco che le carte, inevitabilmente, si sono rimescolate in tutto il Medio Oriente con esiti imprevedibili.
Daniele Cardetta
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