I SETTE GATTI (CANZONIERE DEL VALDARNO).
Il Canzoniere ha partecipato a decine e decine di concerti tra il 1976 al 1979 nelle Feste dell’Unità in mezza Italia a cantare “Bandiera Rossa la trionferà” con un ottimo successo. Grazie ad Enzo Brogi, ex-sindaco di Cavriglia, nel 2001 è stato pubblicato su CD “Terra Innamorata” un lavoro del 1976/1977 già stampato su vinile in quegli anni. Per l’occasione in una casa del popolo di una piccola frazione, alla presenza di alcuni protagonisti dell’epoca, il Canzoniere del Valdarno si ricompose eccezionalmente per suonare alcuni brani. Purtroppo Luciano Morini era già scomparso alcuni anni prima.
Il 21 marzo 1921, un convoglio
di camion fascisti, provenienti da Firenze
e transitante per il Valdarno, diretto in Umbria
per una spedizione punitiva, fu avvistato per tempo
e bloccato dalla gente, ad un passaggio a livello,
situato a valle delle miniere,
in località Ponte alle Forche…
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
“Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l’imboscata”
Lasciarono la sgrugna, la lanterna
lasciarono il martello, la piccozza
presero l’arme: una pistola un vecchio
doppiettone da caccia, un novantuno
del Carso, e i bastoni, e in tasca ad ognuno
i sassi, i chiodi, la lama di un coltello
che aveva tagliato fino allora il pane.
Lo becchiamo il fascista, nero cane
che ha massacrato Gino e Galliano,
oggi è finito, lo teniamo in mano,
gli buchiamo le mele e poi la pancia,
oggi paga il suo conto con la mancia!
Abbassarono le sbarre, si nascosero
dintorno, dietro i muri e dentro i fossi:
i neri camion stavano arrivando,
andavano per portare la morte ai rossi
di Arezzo e d’Umbria, ma le sbarre chiuse
li fermarono fra mille imprecazioni.
Sassi volarono subito, bastoni,
qualche sparo, un po’ d’acqua: i battaglioni
neri d’un colpo eran già fuggiti,
girato il culo, sparacchiando al vento
eran bell’e a Firenze impauriti!
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
“Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l’imboscata”
I compagni saltavano, ballavano,
rosse bandiere alzavano dappertutto
e barricate fatte di poltrone
del nonno, quattro sedie, un mettitutto
l’armadio della zia, un lavandino
inglese, una carretta, la libreria
del dottore che conosceva solo
La Nazione, D’Annunzio e l’Ave Maria.
Aspettarono tesi come corde
l’arme in mano, la bandiera al vento
che tornasse di nuovo la canaglia
in duecento, trecento, quattrocento
per la vile, crudele rappresaglia.
Nulla successe: i figli avevan fame,
le mogli prepararono la cena.
S’andò a letto, soltanto la mattina
giunsero i neri in tanti e tanta pena
sparsero per la valle, e tanto male
e tanto fuoco e tante botte tante…
Alla sera mangiando stufatino
i fascisti ridevan come matti
non c’era per la strada che un postino
quattro carabinieri e sette gatti.
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso piangendo come un matto:
“Questa volta siam presi alla tagliola
i fascisti hanno occupato la vallata
se facciam presto, evitiamo – forse – l’imboscata”
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