I 23 della città di Alba è una raccolta di 12 racconti di Beppe Fenoglio. Sei racconti sono dedicati ad episodi della guerra partigiana, altri sei sono descrizioni della vita nell’Italia contadina durante e dopo la seconda guerra mondiale (1939-1945). La pubblicazione della raccolta, avvenuta nel 1952, segna l’esordio letterario di Fenoglio. La raccolta era originariamente intitolata Racconti della guerra civile, ma per ragioni d’opportunità il titolo venne cambiato in I ventitré giorni della città di Alba dal titolo del primo episodio. Il primo episodio narra della conquista partigiana di Alba avvenuta il 10 ottobre 1944. Privi degli aiuti alleati i partigiani resistettero poche settimane prima di cedere nuovamente la città all’esercito della Repubblica Sociale Italiana il 2 novembre successivo dopo appunto 23 giorni. La conquista di Alba da parte delle formazioni autonome delle Langhe fu il coronamento di mesi e mesi di lotta sulle colline, che avevano ridotto il presidio fascista al lumicino quasi confinato all’interno della città. Le truppe fasciste abbandonarono infatti la città in modo ordinato e concordato il 10 ottobre, grazie all’intervento della curia di Alba, incalzati dai partigiani che si apprestavano ad entrare trionfalmente per le vie salutati dalla popolazione festante e dal suono delle campane di tutte le chiese cittadine. L’occupazione militare della città diede molto fastidio alle alte autorità fasciste da Torino fino a Salò, che subito pensarono al modo di rientrarne in possesso in quanto la zona libera rappresentava una macchia sul loro prestigio. Per questo motivo alla riconquista di Alba non parteciparono truppe tedesche ma solo italiane, in particolare reparti antipartigiani dei RAU (Reparti Arditi Ufficiali), formazioni della GNR, le brigate nere, un plotone di cavalleria ed alcuni reparti della X Mas. I partigiani che diedero vita a un governo civile mantenendo l’ordine e i commerci controllavano soprattutto le rive del fiume Tanaro a nord e l’ingresso della città dalla direttrice sud, mentre tutto il fianco ovest si pensava fosse ragionevolmente sicuro per la presenza del fiume in piena e soprattutto dopo la mina che aveva fatto crollare il ponte sul fiume in località Pollenzo ad alcuni km di distanza. Purtroppo il ponte di corde fu distrutto solo in parte ed era sotto il controllo delle SS del capitano Wesser (di stanza nel castello della cinta reale di Pollenzo): fu quindi riparato a loro insaputa. La notte del 2 novembre fu percorso dalle truppe fasciste, che raggiunsero la città da sud e l’aggirarono da est sulle colline, mentre un altro gruppo passò il fiume su un ponte di barche e penetrò dalla direzione ovest. L’allarme fu dato già di primo mattino da un uomo che riuscì a sfuggire alle avanguardie fasciste, che avevano freddato i suoi tre compagni in località Toetto, mentre si riparavano dalla fitta pioggia sotto la tettoia di una chiesetta. I partigiani attesero le avanguardie fasciste concentrandosi sulla linea sud di cascina S.Cassiano, dove esistevano alcune trincee, ma presto si accorsero che il nemico li stava aggirando da est perché cominciarono a sparare e smisero una dopo l’altra le mitragliere che avevano appostato su alcune posizioni dominanti sulla sinistra. Colti in inferiorità numerica e con gravi difficoltà logistiche, dovute soprattutto alle avverse condizioni meteorologiche, i partigiani ripiegarono su un’altura per poi defilarsi nuovamente nella Langa. I fascisti penetrati in Alba senza il saluto della popolazione “andarono personalmente a suonarsi le campane”. Video realizzato per la sezione dell’ANPI (Associazione Italiana Partigiani Italiani) di Crescenzago, Zona 2 Milano.
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