BUFFONI
Nessuno risponde a 32.000 cittadini romani
Testo, Foto e riprese di Anna Maria Bruni
Buffoni. Non c’è un altro modo per descrivere il comportamento dei capicommissione che avrebbero dovuto presiedere l’incontro concordato con “Deliberiamo Roma” già da tre mesi alla sala della Protomoteca in Campidoglio, a Roma. Perché semplicemente non si sono presentati.
32.000 firme, almeno 300 persone presenti, e loro non c’erano. E non basta. Perché alle 3 del pomeriggio, ora dell’appuntamento, la sala era chiusa con tanto di vigili urbani a fare da alabardieri. Mezz’ora d’attesa seduti sulla gradinata si è dovuta consumare per poter vedere aprire le porte. E non basta ancora. Perché occupati i posti a sedere, con la scusa della “sicurezza”, hanno tentato di impedire ai tanti ancora fuori di entrare. Ma la sicurezza, si è poi capito, non era tanto quella della sala, ma quella contro cittadini che ispirano diffidenza. I poveri in genere, in sostanza. Romani o migranti, magari occupanti di case, insomma gente poco raccomandabile.
E si sa che i vigili urbani preposti alla sicurezza del Campidoglio superano di gran lunga le oche. Peccato che qui non ci fossero ne’ Brenno ne’ Galli, ma cittadini che hanno scritto e firmato cinque delibere comunali, seguendo un iter istituzionale, per poter come da statuto portare in consiglio comunale la discussione sui temi in capo ai testi presentati.
Primo, ripubblicizzazione di Acea Ato2. Ancora una volta, dopo il voto referendario del 14 giugno 2011 tradito dalle leggi successive nonché dalla gestione privatistica di Acea, i cittadini hanno ribadito che la gestione di questo servizio deve essere pubblica e partecipata. Secondo, Scuola d’infanzia pubblica. 4.600 bambini e bambine che non trovano posto nella scuola pubblica, unica garanzia di pedagogia di qualità, pluralismo e laicità, come detta la Costituzione, oltre che di gratuità. Terzo, uso sociale del patrimonio comune, dove già le pratiche dimostrano l’offerta di servizi e welfare nel vuoto istituzionale, oltre che l’opportunità di creare nuovo lavoro. Quarto: uso sociale di Cassa Depositi e Prestiti, una volta fonte primaria di prestiti a tassi agevolati per la creazione di servizi e infrastrutture da parte degli enti locali, oggi affidata ad una gestione privatistica che presta a tassi di mercato spingendo i Comuni a rivolgersi alle banche, ovvero al default. Accanto a queste la quinta, nel contesto del patrimonio comune, perché il Comune assuma il ruolo che gli compete nella trasformazione del complesso del S. Maria della Pietà – 35 padiglioni quasi del tutto abbandonati – in un polo culturale e artistico, oltre che aperto alle attività sociali e sanitarie non psichiatriche.
Questioni sostanziali per ridisegnare un’idea di città oggi al degrado, priva di servizi altrimenti sempre più costosi oppure spudoratamente negati, come la stessa acqua – un bene primario – che molti cittadini – racconta un amministratore di condominio di Ostia – aderenti alla campagna di “obbedienza civile” (autoriduzione della bolletta) o semplicemente in difficoltà si sono visti staccare. Ma i signori Pedetti, Ferrari e Baglio, rispettivamente commissioni patrimonio, bilancio e scuola, che avevano garantito la loro presenza, non solo non hanno visto la sostanza, ma non hanno sentito neanche l’urgenza.
La decisione perciò è stata unanime: uscire dalla sala in corteo e tenere l’assemblea all’aperto, davanti all’aula consiliare, per raccontare a voce alta le virtù civiche di chi ci rappresenta. “Cominciamo male”, è stato il grido di Andrea Alzetta, per tutti “Tarzan”, al quale è seguito l’impegno ad occupare le aule e le commissioni per farsi ascoltare. Anche Gianluca Peciola e Marcello De Vito, capigruppo rispettivamente di Sel e M5S, e Erica Battaglia consigliere Pd, unitisi alla piazza, hanno sottoscritto l’impegno a sostenere il percorso delle delibere, perché vengano realmente discusse. Ma è venuto il momento dei fatti, perché nel quadro attuale, dal Salva Roma alla riforma della scuola in discussione oggi, cui fa da cornice un patto di stabilità che lega le mani agli enti locali persino sull’uso degli avanzi di bilancio, e dopo la giornata di oggi, a credere che la via per risollevare la città non sia quella istituzionale sono molti di più.
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