VERSO LO SCIOPERO SOCIALE DEL 14 NOVEMBRE
Confronto tra movimenti e sindacati
di Anna Maria Bruni
“Sciopero sociale”. Come stanno insieme queste due parole apparentemente inconciliabili è la domanda e insieme la chiave dello Strike meeting. Fra due settimane, esattamente venerdì 14 novembre, scoccherà l’ora X del primo sciopero nazionale capace di coniugare in un’unica giornata – di 24 ore, ovvero dalla mezzanotte del 13 alla stessa ora del 14 – le tante lotte e vertenze in corso con le tantissime individualità finora ricacciate nella solitudine del lavoro intermittente.
Ma come si è arrivati ad unire questi percorsi e soprattutto, come si possono coinvolgere i tantissimi lavoratori precari, il cui diritto di sciopero è tornato ad essere una fantasia per evadere nei momenti di pausa? Questa è la prima domanda a cui vuole rispondere quest’organizzazione di movimenti, sindacati di base e storici come la Fiom o l’area di opposizione in Cgil “Il sindacato è un’altra cosa”.
Ed una prima risposta arriva già dall’incontro di questa mattina ad Officine Zero, la ex fabbrica di treni notte dismessa da Trenitalia ed occupata da un anno dai lavoratori, organizzato per fare il punto sul percorso dei laboratori territoriali avviati già da settembre insieme alle tante realtà di lotta in piedi.
Firenze, Milano, Torino, Genova, Bologna, Padova, Napoli, Bari, Venezia le realtà territoriali presenti, insieme al coordinamento autoconvocati della scuola, la rete della conoscenza, Link, il Coordinamento romano acqua pubblica fra le tante organizzazioni, e ancora Cobas, Usb, Usi, insieme a molti centri sociali romani che hanno dato vita al percorso “Diritto alla città”, per oltre un centinaio di partecipanti.
Un insieme di realtà che già è il segnale di una pratica di unificazione dei diversi percorsi, dalle lotte contro il piano scuola di Renzi a quelle specifiche territoriali per la casa, contro i distacchi dell’acqua (che Acea a Roma sta moltiplicando), per il taglio dei servizi pubblici (Venezia in testa, commissariata dopo lo scandalo Mose), insieme a quelle dei migranti (Bologna), ai lavoratori Thyssen di Terni, che con la Fiom saranno in piazza a Milano per lo sciopero generale. Una piazza diversa al momento, ma che cercherà un punto di incontro, “fondamentale” dice Abu dei Collettivi No Expo, “perché il lavoro ‘volontario’ per 7000 giovani imposto dall’esposizione universale che partirà nel 2015 per estrarre il massimo profitto non è che la testa d’ariete di un modello pronto per essere applicato in tutto il paese”.
Che le specificità territoriali siano solamente contingenze di temi che riguardano tutti è l’evidenza, perciò da subito l’assemblea ha posto all’ordine del giorno il proseguimento di questo percorso dopo il 14 novembre, soprattutto tenendo conto delle scandenze imposte dal governo, dall’approvazione del Jobs act alla legge si stabilità allo Sblocca Italia.
Il primo sciopero sociale è in ogni caso la prima tappa la cui riuscita è fondamentale. Per questo è stata lanciata la giornata del 7 come momento di anticipazione delle iniziative che segneranno le 24 ore più intense degli ultimi anni. Soprattutto per creatività, necessaria per coinvolgere chi nei fatti non può scioperare: prima di tutto tante iniziative a ripetizione, proprio per permettere la partecipazione di tutti in orari diversi, secondo il net.strike, lo sciopero virtuale, dove spingere al massimo l’hashtag #scioperosociale attraverso i social per i tanti che per via telematica possono segnalare la loro partecipazione e sentirsi inclusi anche solo con un clic, oltre che segnalare anche in modo anonimo un luogo di sfruttamento. E poi ancora spillette, stikers, flayers, tutto ciò che si può indossare o distribuire anche solo stando seduti alla cassa di un supermercato.
Una modalità creativa e inclusiva, “indispensabile anche se il sindacato fosse ben più conflittuale di quel che è – dice Barbara Pettine dell’area di opposizione in Cgil – per come si è trasformato il mondo del lavoro”.
Un ritardo riconosciuto anche dalla Fiom per bocca di Michele De Palma, che segnala l’urgenza dell’unificazione delle lotte proprio perché “nessuno è più garantito”, e la separazione fra lavoro certo e precario è un’evocazione del governo utile a dividere et imperare. La prova del nove è nella stessa richiesta di diritti, che ottiene come risposta la delocalizzazione all’estero (Fiat docet). Da qui la necessità di parole d’ordine come salario minimo, reddito minimo, tassazione, ammortizzatori sociali come punti unificanti a livello europeo.
Precondizioni della dignità del lavoro e condizione dei suoi diritti, chiavi del percorso di unificazione che lo strike meeting ha lanciato a settembre già a livello europeo, e orizzonte del dopo 14 novembre.
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