SCUP SOTTO SGOMBERO: non ci fermeranno mai
IO SONO SCUP
Fondato sulle relazioni, profondamente generoso, SCuP in tre anni è diventato il centro sociale-simbolo di una società nuova. Un’intera assemblea si schiera in sua difesa e si aspetta atti concreti da parte del Comune. Perciò il pomeriggio del 29 gennaio lo ricreerà nella piazza del Campidoglio attraverso le sue tantissime attività.
Anna Maria Bruni
Una palestra popolare, una biblioteca, un centro d’ascolto psicologico, corsi d’italiano per migranti, corsi di lingue, presentazioni di libri… insomma un vero centro socio-culturale. Pubblico, popolare, partecipato. E’ SCuP, acronimo di Sport e Cultura Popolare, e si trova a Via Nola 5, al centro del quartiere San Giovanni. Prezioso, in una città grande come Roma. Infatti in tanti, tantissimi, chiedono ospitalità e spazi considerandolo un punto d’incontro che altrimenti sarebbe impossibile venendo da quartieri ai poli opposti della città.
E’ così che SCuP in tre anni di vita è diventato un punto di riferimento insostituibile, perché viverlo insieme ai tanti che lo fanno vivere ha significato conoscersi, stabilire relazioni, fare comunità. Proprio quella che ha risposto in massa alla chiamata per discutere insieme come affrontare la minaccia di sgombero. Già, perché il Comune, invece di adoperarsi per difendere un luogo che offre servizi a costo zero mentre quelli comunali chiudono per deficit di cassa, lascia che della questione se ne occupino prefetto e polizia, comitato-ordine-e-sicurezza.
Una questione di ordine pubblico insomma, che già ha provocato l’ennesima visita dell’ufficiale giudiziario il 16 gennaio scorso. Una specie di avvertimento per annunciare lo sgombero il 12 febbraio. Ma il fatto è che il retroscena è chiaro a chi di SCuP si occupa da sempre: una proprietà, la FF immobiliare, che ha acquistato durante il secondo governo Berlusconi, per trasferire il bene in un fondo immobiliare, per poi “rivendere” a figure di comodo, tali Fernando Morelli e Federica Pagliuca, ottuagenari, e nel frattempo emettere obbligazioni, far figurare che il debito è assolto (4milioni700mila euro, a fronte di un capitale sociale di 10.000 euro, sic) e accordarsi con le banche amiche. Un gioco-delle-tre-carte finanziario che troppo bene abbiamo imparato a conoscere in questi anni di crisi, tanto che un rapporto di Oxfam oggi ci fa sapere che nel 2016 l’1% della popolazione più ricca del pianeta avrà superato in ricchezza il restante 99%.
Come? Proprio come dovrebbe succedere allo stabile di SCuP: cambiare il piano di destinazione urbanistica che prevede verde e servizi per quello spazio – ovvero proprio ciò che sta facendo SCuP – aumentare la cubatura del 35%, demolirlo e farne un centro commerciale. Approfittando del piano casa della Polverini, ovvero della legalizzazione della speculazione e del degrado. Un’operazione che SCuP è riuscita a bloccare finora, ottenendo anche l’approvazione di una mozione da parte del consiglio comunale in difesa dello spazio.
Mozione a cui però finora non sono seguiti atti concreti. Salvo, appunto, la minaccia di sgombero. Ma tutta questa faccenda dimostra come la questione di ordine pubblico sia pretestuosa. E se non basta interviene la lettera arrivata al Corto Circuito, con la quale il Comune chiede di pagare 580.000 euro di affitti arretrati entro 60 giorni, a dimostrare quali siano i fini. Colpire tutti i luoghi che stanno facendo società, che stanno producendo futuro, al solo scopo di fare cassa. La stessa vicenda del Valle ne è una dimostrazione.
Allora l’atto concreto sarà quello del 29 gennaio, in Campidoglio. Dopo l’assemblea del 21 in protomoteca con la quale, al bivio tra beni comuni e Mafia capitale, si apre il confronto sulle delibere popolari tra cui proprio quella sull’uso sociale del patrimoio comune, quel giorno l’intera assemblea porterà in piazza tutto quello che si fa a SCuP: i corsi di lingue, le discipline sportive, il teatro, la musica, l’eco-sol-pop, il mercato equo e popolare, le letture ad alta voce e tanto altro, per colorare un pomeriggio fra i tanti grigi e spenti di questa città ammorbata dal tanfo di una gestione a profitto di pochi, dell’allegria e del piacere dello stare insieme offerto e condiviso generosamente con tutti. Dimostrando come sia possibile generare ricchezza con poco, puntando sui rapporti umani. Sono le radici forti di una società nuova, che già produce germogli.
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