La questione previdenziale è sempre più tormentata e di attualità.
Le aspettative suscitate dalla sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo, imposto dal duo Monti-Fornero, rischiano di andare deluse perché il governo Renzi sta cercando una via d’uscita per limitarne l’applicazione o diluirla nel tempo. USB Pensionati ha immediatamente avviato l’iniziativa per chiedere la piena e indilazionabile restituzione di quanto indebitamente non riconosciuto.
Nel frattempo da quasi tre mesi a presiedere l’INPS è stato chiamato Tito Boeri, economista della Bocconi e direttore scientifico della Fondazione Debenedetti. Il pensiero di Boeri sul sistema previdenziale è chiaro e scritto nero su bianco nei suoi libri ed articoli: calcolo delle future pensioni esclusivamente con il contributivo e ricalcolo di quelle in essere, che risultano più favorevoli; adesione ai fondi pensione negoziali o privati per i giovani con rinuncia al TFR.
L’applicazione esclusiva del calcolo contributivo penalizzerebbe innanzitutto gli assegni di pensione medio bassi riducendoli ulteriormente. Già oggi l’80% delle pensioni erogate è al di sotto di € 1.500,00 mensili lordi e non possono essere definite queste pensioni d’oro da colpire in nome di un’equità che il presidente dell’INPS farebbe bene a spiegare a chi ha pagato pesantemente la crisi economica.
Appena insediato alla presidenza dell’ente previdenziale, Boeri ha portato a termine il progetto della busta arancione, che ha voluto chiamare “La mia pensione”. Dal 1° maggio chi ha meno di quarant’anni ed è iscritto alla gestione dei lavoratori dipendenti del privato o a quelle degli autonomi e dei parasubordinati, attraverso un PIN rilasciato dall’INPS, può accedere ad un programma che simula l’andamento della retribuzione e verificare l’importo della futura pensione. In seguito l’accesso sarà esteso alle altre fasce di età e alle restanti gestioni.
L’operazione, principalmente rivolta ai giovani, è evidentemente e dichiaratamente finalizzata ad incentivare le adesioni ai fondi di previdenza complementare. Senza mezzi termini l’indicazione è contenuta nello stesso programma di simulazione.
Boeri ha appellato con il termine di “ignavi” coloro che finora avevano frenato sulla busta arancione probabilmente nella consapevolezza che la previdenza complementare non potesse essere l’unica strada da indicare a chi fatica a trovare un lavoro e quando lo trova si vede retribuito con una miseria, con la prospettiva in futuro di avere una pensione calcolata sull’intera vita lavorativa e corrispondente in media al 30% dell’ultima retribuzione, nella maggioranza dei casi, quindi, una pensione da fame. Questi lavoratori dovrebbero rinunciare al proprio TFR e a parte della retribuzione per finanziarsi una pensione complementare? Il neopresidente dell’INPS non ha voluto sentire ragioni e ha rotto gli indugi, trascinando l’ente pubblico di previdenza in un’operazione pubblicitaria a favore dei fondi pensione privati. Un paradosso per le funzioni che l’INPS dovrebbe assolvere nella rete di protezione sociale.
USB ha duramente criticato l’INPS e il suo presidente Boeri smascherando l’inganno che c’è dietro al progetto ‘bufala’ “La mia pensione”, che tra l’altro non permette di calcolare eventuali costi di riscatti e ricongiunzioni di contributi e altre operazioni, per cui dubbi, inesattezze e malcontento saranno scaricati come sempre sulle sedi dell’ente previdenziale.
Nei giorni scorsi delegati e lavoratori della USB hanno protestato all’interno della “Giornata nazionale della previdenza”, organizzata dagli enti previdenziali e dal ministero del lavoro a Napoli, contestando il ministro Poletti e il presidente dell’INPS Boeri su “Jobs Act” e “La mia pensione”. Le due questioni sono strettamente collegate, perché se non si restituisce dignità e continuità al lavoro dipendente, cancellando anche tutte le forme di lavoro precario, non si assicura un adeguato flusso di entrate contributive all’INPS e non si tutelano pienamente i diritti dei lavoratori. Allo stesso tempo l’Istituto nazionale pubblico di previdenza sembra voler rinunciare ad una funzione sociale fondamentale, che è quella di assicurare pensioni dignitose, come stabilito dalla Costituzione. La questione previdenziale deve essere affrontata con immediatezza prima che le pensioni siano ridotte ad assegni sociali e si produca un impoverimento generalizzato.
Il sindacato di base è stato l’unico a scioperare contro le diverse riforme che hanno massacrato il sistema previdenziale pubblico, dalla Riforma Dini a quella della Fornero, denunciando i guasti che tali provvedimenti avrebbero prodotto per le generazioni future. Occorre superare il sistema contributivo, restituire dignità e valore alle pensioni pubbliche e stabilire un’uscita dal lavoro in un’età in cui si possa essere autosufficienti e di aiuto alle proprie famiglie.
A chi dice che la spesa pensionistica non può sopportare riforme estensive rispondiamo che una vera lotta all’evasione contributiva e fiscale e alla corruzione porterebbe a recuperare una montagna di miliardi che in parte potrebbero essere impiegati per il finanziamento del sistema previdenziale pubblico. I soldi ci sono, bisogna solo andarseli a prendere.
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