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UNA PIATTAFORMA DI LOTTA PER NON MORIRE DI AUSTERITA’

UNA PIATTAFORMA DI LOTTA PER NON MORIRE DI AUSTERITA’

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02/05/2016

L’Istat ha certificato per il 2015 il calo dell’aspettativa di vita in Italia. Non succedeva dal secondo dopoguerra sebbene dal 2003, con un crollo sotto i livelli medi nel 2008, l’aspettativa di vita in salute fosse già tra le più basse dei Paesi OCSE.
Sulla qualità della vita influiscono numerosi fattori ma è certo che l’ambiente, le condizioni sociali e di lavoro, il reddito e l’accesso alle cure sono determinanti. Non a caso al sud si muore di più e prima; in Campania ad esempio, dove questi indicatori sono tutti negativi, l’aspettativa di vita è di circa 2 anni inferiore a quella delle Marche.
È una fotografia dinamica dell’effetto delle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea.
L’Italia ha una spesa sanitaria pubblica oltre un terzo inferiore alla media dei Paesi dell’area euro e il divario è triplicato dagli inizi degli anni 2000; il livello di prestazioni sanitarie erogate è sensibilmente inferiore alla quasi totalità degli altri paesi dell’area con un rilevante 48% in meno rispetto alla Francia e 73% rispetto alla Germania.
Si amplia anche il distacco dei posti letto per abitante, sensibilmente inferiore in Italia: 3,4 per mille abitanti contro i 6,3 della Francia e gli 8,3 della Germania.
Tra il 2007 e il primo semestre del 2015 per effetto del blocco del turnover sono stati cancellati più di 25.000 posti di lavoro, l’età media degli Operatori Sanitari è salita a 49,7 anni ed i costi per il personale si sono ridotti di 350 milioni di euro.
Per garantire gli standard assistenziali  mancano all’appello almeno 60.000 infermieri, 18.000 solo per assicurare la continuità dei servizi; mentre, se si guarda agli standard d’assistenza europei, servirebbero 140.000 infermieri per raggiungere quelli francesi e tre volte tanti per equipararci alla Germania.
Oltre 80.000 lavoratori e lavoratrici della sanità, 1 su 5, negli ultimi 10 anni sono stati riconosciuti inidonei alle mansioni a causa delle proibitive condizioni di lavoro.
Sempre meno, sempre meno pagati, sempre più vecchi grazie anche al susseguirsi di riforme previdenziali che, aggiungendo al danno la beffa, hanno allungato l’età pensionabile in ragione di un aumento di aspettativa di vita tendenzialmente falso anche prima della certificazione ISTAT.
Sono più di 10 milioni gli italiani che non hanno accesso alle cure per problemi economici mentre cresce al ritmo di un miliardo l’anno la spesa privata dei cittadini (33 miliardi, più di un terzo di quella dello Stato) così come aumentano le richieste di prestiti personali finalizzati alle cure mediche (in particolare odontoiatriche).
Ticket e liste d’attesa alimentano scientemente la fuga dei cittadini verso il privato mentre la libera professione dentro gli ospedali pubblici, per quanto in calo, continua a fatturare oltre 1 miliardo l’anno travasando dalle tasche dei cittadini a quella dei medici 810 milioni di euro.
L’ideologia di una presunta insostenibilità del servizio sanitario pubblico – sdoganata per favorire la sanità integrativa privata, le assicurazioni, il welfare aziendale – è talmente falsa che il nostro SSN produce l’11% di PIL assorbendone, attualmente, solo il 6,8%. Un valore questo destinato – dalle stime del DEF – a scendere al ritmo di uno 0,1 % annuo fino ad arrivare al 6,5% nel 2019; una soglia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito come la linea rossa per la riduzione  costante dell’aspettativa di vita.
In realtà c’è la volontà di spostare la tutela della salute dallo Stato alle possibilità economiche personali e al profitto di assicurazioni e privati. Uno Stato che ha già da tempo abbandonato il campo della prevenzione e regalato oltre il 95% della riabilitazione alle lobby private.
I soldi sottratti alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione, alla disabilità, al rinnovamento tecnologico (circa la metà dei macchinari è obsoleto), all’introduzione dei farmaci innovativi (ultimi in Europa) finiscono in corruzione, che in sanità vale 6 miliardi l’anno, il 10% del dato nazionale. A farla da padroni  il sistema degli appalti per beni e servizi,  nomine e consulenze, farmaceutica e sanità privata.
Da anni si porta avanti un attacco senza sosta al welfare attraverso leggi e manovre finanziarie che mirano a definire un modello di sviluppo privo di garanzie sociali e diritti fondamentali e universali con l’obbiettivo di privatizzare ciò che resta dei servizi pubblici essenziali.
La sanità, come la scuola e la previdenza, è un servizio caratterizzante il welfare e il suo smantellamento assume anche un valore ideologico per un nuovo modello che intende cancellare la memoria della conquista dei diritti attraverso le lotte sociali e trasformarli in privilegi per fasce sempre più ridotte di popolazione.
L’USB il 3 aprile scorso ha lanciato, in una grande assemblea pubblica a Milano, una piattaforma che chiama alla difesa dello stato sociale e dell’occupazione. Una piattaforma nella quale il diritto alla salute e la difesa della sanità pubblica hanno un posto di rilievo: dalla battaglia per l’abolizione dei ticket, delle liste d’attesa e della libera professione alla promozione della prevenzione; dalla riappropriazione nelle mani pubbliche della riabilitazione alla lotta senza quartiere alle privatizzazioni.
Non solo una raccolta firme (firma la Petizione) dunque, ma un vero e proprio programma di lotta per un diverso modello di società da conquistare quotidianamente nei posti di lavoro e nei territori, per non morire di austerità.

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USB

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