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BREXIT : L’Unione Europea è persa – Gianni Marchetto

BREXIT : L’Unione Europea è persa – Gianni Marchetto

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CAMBIARE L’UNIONE EUROPA ? NON E’ PIU’ POSSIBILE

Bisogna ripartire da una nuova RAPPRESENTANZA

Di Gianni Marchetto – Ex operaio FIAT e militante FIOM

(Fonte Controlacrisi)


unione-europea maniEVOCARE = dal dizionario: Far comparire le anime dei morti o i demoni mediante pratiche magiche o medianiche.
Dopo la Brexit è tutto un “evocare”, da una parte si evoca una Unione Europea più democratica che si apre all’ascolto dei suoi cittadini, ecc. dall’altra si evocano le piccole patrie, il ritorno del razzismo, le voglie securitarie, ecc.

Enrico Letta (oggi professore) dice che sarebbe una iattura aspettare 16 mesi per rimediare alla Brexit, in attesa della risoluzione della crisi spagnola, del voto francese e poi a settembre del prossimo anno quello tedesco. Occorre fare subito delle cose che colpiscano al “cuore” i cittadini europei: un Erasmus Pro = 1.000.000 di posti di lavoro per i giovani (su ca. 300.000.000 di cittadini Europei, sic!). Però lui è il primo ad avere dei dubbi su questa evenienza.

Massimo D’Alema (apparentemente fuori dal giro) in una intervista a Radio Radicale afferma che il bipolarismo è andato in crisi in tutta Europa mentre si sta’ assistendo alla crescita di nuove formazioni populiste, antisistema, razziste, ecc. e aggiunge che la “governabilità” se non vuole essere un esercizio controproducente ha sempre bisogno del “consenso” dei soggetti per i quali si esercita. Domanda: e chi lo riceve oggi il consenso? i partiti conservatori e/o popolari, ovvero le varie formazioni socialiste o socialdemocratiche? Ovvero ancora le nuove formazioni populiste?

Daniele Salea: studioso di geopolitica dice, “Brexit: rassegnatevi, il voto dei poveri e degli “ignoranti” conta quanto il vostro” e continua “La cosa più opprimente del Brexit non sono i mercati che crollano (salvo fenomeni di isteria collettiva, non c’è nessuna condizione oggettiva per una crisi stile 2008), ma le analisi di sociologia spiccia e patetismo spinto sugli sventurati giovani-colti-e-ricchi battuti dai malvagi vecchi-ignoranti-e-poveri (fatevi un giro sul vostro social network preferito per averne abbondanti esempi).

Gaël Giraud: “morta una Europa se ne fa un’altra, anzi due”. Alle spalle una brillante carriera come consulente di banche d’investimento parigine, mentre oggi concilia due vite: quella di chief economist dell’Agence française de développement e quella di prete gesuita. Dice il nostro: “prima bisogna capire che il progetto europeo, nato sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, è stato completamente tradito. Dagli anni Ottanta si è scelto di imboccare la strada senza ritorno della finanziarizzazione della società, compiutasi nel 1992 con il Trattato di Maastricht. Il risultato? La mobilità dei capitali è diventata prioritaria su quella delle persone. Il disegno originario va ripensato perché l’Europa odierna è destinata a distruggere le economie del Sud e a riaccendere l’odio tra i popoli. Se la Brexit è l’occasione giusta, ben venga”.

Proviamo a fare il punto
• Il parlamento Europeo e la Troika: non c’è partita, la seconda vince sempre a man bassa! Facendo diventare inutile (e costosissimo) tale parlamento.
• Le formazioni “progressiste”: i vari partiti socialisti, socialdemocratici sono tutti nell’orbita “neoliberista”, perdono inesorabilmente voti e continuano a rimanere nelle stesse posizioni, aiutati in questo “da schiere di fedeli alla causa tutti dediti al male minore”. Questi ultimi (anche se non maggioritari) hanno oramai una responsabilità storica, quella di ritardare una conclusione naturale: il fallimento delle varie “ditte”. E d’altra parte di favorire (oggettivamente) la crescita di formazioni populiste.
• I grandi sindacati dei lavoratori e dei pensionati: magari saranno grandi (pieni di iscritti) ciascuno nei propri paesi, ma dei poveri nani a livello Europeo. Negli scorsi anni so’ dei CAE (Consigli di Azienda a livello Europeo). Ogni tanto i rispettivi Rappresentanti si riunivano. Adesso che fanno? (Vedi art. 8 del CCNC Metalmeccanici – Informazione e consultazione dei lavoratori nelle imprese di dimensione Comunitaria).
• Le formazioni di Sinistra alternativa: contano come il due di coppe quando la va a spade, oltre tutto abbastanza divise così come nei rispettivi paesi di provenienza.
• E il nostro popolo di lavoratori, pensionati? Mi pare nel ridotto identitario, o a trovare scampo nella astensione e nei casi peggiori nelle formazioni populiste, magari di destra…

E intanto il capitale si è “mondializzato” e noi non sappiamo più dove sono le vetrate su cui scagliare le nostre pietre. Non le vediamo più, sono troppo lontane. E una decina di grandi combine di speculatori finanziari hanno per le mani non solo i nostri bancomat (sulle pensioni, sulla sanità, sui beni comuni), ma hanno pure il potere di strozzare le “velleità” di interi stati (vedi la Grecia).
Mi sa tanto che la battaglia per una diversa Unione Europea è persa. Occorre farsene una ragione.

Stare dentro i processi
• Al momento si possono ipotizzare una serie di cambiamenti che però non mutano l’orientamento di fondo: una Europa più piccola a guida tedesca, ovvero una Europa “mediterranea” (Spagna, Francia, Italia, Grecia).
• Il “cambio” in parecchi paesi, la guida in mano a formazioni populiste, di destra e razziste.
• Una domanda: per il movimento dei lavoratori, dei pensionati, dei migranti cosa serve di più? Sperare nel rinsavimento delle formazioni socialdemocratiche, nelle buone intenzioni di qualche loro dirigente e aspettare… (la loro sconfitta)? O invece sfruttare al massimo le contraddizioni delle formazioni populiste (destinate a vincere). Tra le tante due contraddizioni: la 1° la base elettorale fatta anche di gente nostra, 2° un avvicinamento (forse) delle finestre su cui gettare le nostre pietre, se è vero di un ritorno di alcune decisioni di potere di indirizzo a livello nazionale.
• Nuovo fascismo e guerre in Europa: non credo ne all’uno e ne all’altra. Non siamo più negli anni ’30 dello scorso secolo. In terra di Europa non ci sono più imperialismi in competizione. La finanza e il grande capitale si sono “mondializzati” e l’Europa con gli oltre 300milioni di abitanti è il mercato più ricco del pianeta (magari di cose inutili). Mi pare ovvio che ai due soggetti prima indicati non servano ne fascismi, tantomeno guerre!
• + comando = + produttività (o efficienza). A me pare che questo sia l’assunto ad oggi vincente sia nelle aziende che nella società e + comando ovviamente significa un restringimento di tutte le occasioni democratiche. Al che possono andare bene sia governi tecnocratici che populisti. Con una forte dose securitaria, perché no! Basta però che il tutto non impedisca la costruzione di una moderna “rabble ipotesys” (orda bruta), fatta in prevalenza da migranti (necessari nei prossimi anni a fronte dei dati demografici di questa Europa), perché così saranno abbattuti tutti costi di formazione (dall’infanzia fino all’età adulta) e rimarranno solo i costi di “addestramento” alla produzione. E a chi non ci sta? Galera e ritorno immediato a casa (i migranti). Vedi il fenomeno negli USA con i suoi 5 milioni di cittadini in galera (per metà neri).

Il che fare
• Da quanto argomentato più sopra è ovvio che il movimento dei lavoratori (ad oggi quasi inesistente) e delle sinistre di riferimento è totalmente tagliato fuori. Si tratta ormai di fare il classico “passo indietro per (sperare) di fare poi due passi in avanti”. Sapendo però mettere alcuni “paletti”:

1. Dare per scontato dell’esaurimento della forma di democrazia rappresentativa. Quindi non aspettare ansiosi (della prossima sconfitta!) alle prossime elezioni, a scelta: comunali, regionali, nazionali, europee. Avere a mente invece la massima espressione di “democrazia diretta” su distanze il più ravvicinate possibili ai cittadini in modo tale da farli sentire protagonisti, pratica questa per rinvigorire la “rappresentanza delegata”. Questa è una questione che ci deve vedere alternativi alla pratica oramai “paternalistica” della sedicente sinistra riformista”;

2. Ritorna qui il problema del conflitto, necessario per difendersi e per battere ogni tentativo autoritario e perché esso sia argomento di emancipazione per i soggetti che lo eserciteranno;

3. La condizione è che si parta in ogni territorio, dal riconoscimento di una comunità scientifica allargata, cioè che le capacità di “problem solving”, non risiedono unicamente nella testa degli “esperti tecnici” della comunità scientifica tradizionale (tra i quali anche i politici di professione), ma nell’agire sociale è presente a tutti i livelli un altro «esperto grezzo”, ricco di capacità e competenze, al quale va dedicata attenzione e riconoscimento. Si tratta in ultima analisi di mettere a confronto con pari dignità “esperienza e scienza”. Su tematiche definite e anche su obiettivi modesti. Il che non significa fare solo da spugna nei confronti di questi, ma di misurarsi alla pari, evitando la pratica di quel «leninismo straccione» che vuole le teste delle persone come delle vasche vuote in attesa di essere riempite dal verbo dei «sapienti»: vedi il come ti educo il pupo. Occorre inoltre avere coscienza che gli attuali programmi che vengono stilati in occasione delle ricorrenti elezioni “non fanno i conti con l’oste”: i due patti di stabilità, il primo (esterno) voluto dai burocrati della UE, il secondo (interno) voluto, accettato, da qualsiasi governo in carica nel nostro paese, che nei fatti si traduce nel fare diventare dei “gabellieri” i nostri futuri amministratori. Il che significa CONTRARRE altro «patto di stabilità»: quello con i propri cittadini.

4. A partire, però, dal porsi una domanda: perché mai dovremmo farci rappresentare da un partito che manco ci conosce, non sa cosa sappiamo fare, non sa i nostri problemi, eccetera…. Visto poi il completo esaurimento delle grandi narrazioni che ebbero base nei partiti di massa: il socialismo, la società del benessere per tutti, ecc. e sapendo che per quanto riguarda il moderno astensionismo dal voto, che non si tratta più dei soliti qualunquisti, o talmente pigri, si tratta di persone informate che non ne possono più di delegare il loro consenso ad altre persone che ne faranno strame alla prima occasione. Non basta più dichiararsi di sinistra…!

E a me pare che occorre allora avere a mente un percorso partecipato FATTO DI UNA SERIE DI TAPPE che permettano di approdare ad una NUOVA RAPPRESENTANZA
1) Tappa: CONOSCERE le esperienze esemplari e i soggetti esperti (sia nel modo tecnico che in quello non tecnico), chiesto in ogni territorio;
2) Tappa: VALORIZZARE tali esperienze, archiviandole in un data base;
3) Tappa: ORGANIZZARE (se i soggetti sono d’accordo), creando dei momenti di «pubblicità» delle loro azioni, mettendoli in rete a disposizione dei più;
4) Tappa: RAPPRESENTARE, nelle forme che saranno decise con il metodo della VALIDAZIONE CONSENSUALE, magari imitando le esperienze di democrazia partecipata qua e là esistenti nel territorio nazionale e internazionale;

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LiberaRete Associazione di Promozione sociale LiberaRete

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