BREXIT: trasformare il Referendum Costituzionale non solo in un No a Renzi ma anche in un No alla UE.
Considerazioni di Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.
Se dovessimo esprimere un giudizio sul voto inglese per l’uscita dall’UE, guardando alle perdite degli speculatori finanziari che hanno scommesso sul cavallo sbagliato e alle reazioni scomposte e isteriche dell’establishment europeista, non potremmo che esserne soddisfatti. Diciamo “voto inglese” perché il voto anti-UE si è espresso in maggioranza in Inghilterra, mentre nelle altre Nazioni che compongono il Regno Unito, particolarmente in Scozia, il voto filoeuropeo si è sommato a quello secessionista. Quindi per quelle Regioni sarebbe necessaria una riflessione specifica.
Ma torniamo all’Inghilterra. Si è detto che le classi colte hanno votato per il remain. Pur ammettendo che sia questa la realtà, siamo sicuri che quelle che vengono definite le “classi colte” sappiano davvero di cosa si stia parlando? Facciamo un esperimento: chiedete a un laureato, mediamente “informato”, ascoltatore dei TG di regime e lettore dei giornali del potere mediatico, cos’è il TTIP e vediamo se ne avrà mai sentito parlare. Cosa vogliamo dire? che le “classi colte” forse sono solo quelle mediamente maggiormente preda della propaganda di regime. Siamo sicuri che il loro voto sia più “consapevole” di quello di un lavoratore delle periferie inglesi che ha votato “con la pancia” chiedendosi solo se sta meglio, lui e la sua famiglia, rispetto a dieci o venti anni fa?
E poi l’altra disgustosa farsa giocata sui giovani e sui vecchi: i giovani che pensano al loro futuro e votano per rimanere e i vecchi avidi e gretti che voltano la testa al futuro. Come si ribalta questa visione quando si scopre che i giovani se ne sono bellamente fregati del referendum, andando a votare in percentuali risibili intorno al 30%, mentre i “vecchi”, molto più preoccupati, si sono precipitati in massa a votare con oltre l’80% (36% nella fascia 18-24 contro un 83% per gli over 65, secondo SkyNews)!
Le ridicole considerazioni sui possibili esiti nefasti per la Gran Bretagna e per gli altri paesi poi sono affette da un pregiudizio “globalista” e “cosmopolita” che per un marxista risultano aberranti. In soldoni, è difficile credere che ci perdano tutti: se c’è qualcuno che perde, ci sarà pur qualcuno che ci guadagna. In realtà è importante quindi capire quali sono i settori della borghesia, inglese e più in generale degli altri paesi UE e non solo, a guadagnarci. E questo ci conduce al nocciolo della nostra riflessione.
Che nell’Unione Europea ci sia una forte disaffezione per questo “conglomerato imperialista”, come lo definiamo noi comunisti, è innegabile. In Olanda recentemente si è respinta l’entrata dell’Ucraina golpista. In Francia, in Danimarca e ovviamente anche in Grecia, ogni volta che si vota gli europeisti vanno sotto. Il problema è che questi referendum sono congegnati in modo che siano del tutto inefficaci o fuorvianti o disattesi, come per esempio quello tenutosi in Grecia proposto dal governo Syriza-Anel, che era al tempo stesso un grosso “spot” elettorale per il traditore Tsipras – e infatti giustamente i nostri compagni fratelli del KKE hanno dato indicazione di non cadere nella trappola – e in ogni caso, le indicazioni venute dal popolo, per quanto distorte dalla domanda referendaria equivoca, sono state del tutto disattese in modo vergognoso.
Ma l’opposizione all’Unione Europea è oggi guidata ed egemonizzata dai comunisti? Tranne in Grecia per il resto del continente la risposta è no. In Inghilterra c’è un Partito Comunista che ha orientato il voto antieuropeista? La risposta non può che essere del tutto negativa.
Chi si avvantaggia politicamente di tutto ciò? Ovviamente in politica non esiste il vuoto, o meglio esso, quando si crea, viene subito riempito. Il vuoto lasciato dalla ritirata dalla lotta antimperialista, causato dalla scomparsa della maggior parte dei grandi partiti comunisti, o della loro trasformazione in partiti opportunisti filo-europeisti e filo-borghesi fin dai tempi dell’eurocomunismo, è stato riempito da prodotti artificiali, del tutto consoni al potere borghese, perché inoffensivi, e congeniali a settori della borghesia. Questi partiti – UKIP in Inghilterra, M5S e la Lega in Italia , Podemos in Spagna- se da un lato sono dei contenitori che incanalano l’insoddisfazione e la protesta popolare verso falsi obiettivi (“Il Potere ieri organizzava il consenso oggi indirizza il dissenso”, diciamo noi), rappresentano interessi di pezzi di piccola e media borghesia che hanno minore proiezione verso le importazioni, minore capacità di stare sul mercato globale e quindi desiderano riportare le lancette della storia a dieci o vent’anni fa, quando per loro le cose andavano meglio. Evidentemente ci sono circoli imperialisti che possono trarre profitto anche da queste posizioni nella competizione inter-imperialista che oggi è sempre più aspra; tuttavia sembra evidente che oggi la direzione principale dell’imperialismo europeo continentale sia quello di integrare sempre più economia e politica militare, facendo della UE una sorta di NATO economica. Gli USA mantengono una posizione ambigua, frutto del fatto che anche dentro il polo imperialista più potente e aggressivo ci sono settori contrastanti: se i settori più aggressivi e proiettati verso l’esterno, capitanati dalla Clinton, desiderosi di tenere unito il battaglione imperialista atlantico contro tutto il resto del mondo, sembrano aver subito uno smacco per i loro disegni guerrafondai; altri settori, più tradizionalmente rivolti agli interessi interni americani, sembrano poco interessati all’evento. Russia, Cina e gli altri BRICS hanno sempre dichiarato invece di essere fermamente favorevoli a un’Unione Europea solida e stabile per fare affari sempre più lucrosi, magari augurandosi che quest’Europa possa contrapporsi agli USA, come alcune mosse fanno loro sperare, come la partecipazione britannica alla “Banca asiatica di investimento per le infrastrutture” (AIIB nell’acronimo inglese), che potrebbe costituire il contraltare cinese alla Banca Mondiale, di stretto controllo USA.
In tutto questo possiamo sintetizzare così: il disegno europeista è politicamente in crisi. Questa crisi ha le sue radici nella crisi del capitale monopolistico internazionale che soffre di irresolubili problemi di sovrapproduzione e di sovraccumulazione di capitali. La competizione inter-monopolistica è al calor bianco, sia tra i conglomerati imperialistici che al loro interno. A pagare ovviamente sono i settori più deboli: principalmente le classi operaie e i lavoratori dipendenti di tutti i paesi; poi le piccole e medie borghesie, spossessate del loro ruolo storico dalla globalizzazione, schiacciate dalla concorrenza dei monopoli e dall’idrovora fiscale, tutta a favore del grande capitale; poi i monopoli dei paesi che si trovano in basso nella piramide imperialista, che si devono fare spazio tra quelli sostenuti dagli Stati dominanti, ma che cercano, con un complesso schema di alleanze incrociate, di avvantaggiarsi di ogni crisi.
Il Brexit apre scenari inediti, ma non possiamo illuderci che possa portare a nulla di buono per i lavoratori di alcun paese: purtroppo non sono i comunisti a guidare questa protesta e fino a quando non sarà così, potremo solo assistere a baruffe nel campo nemico, ma non potremo influenzarne l’esito.
È quindi indispensabile porre le basi per cambiare questo stato di cose e riportare in prima linea l’azione di comunisti e farla diventare riconoscibile davanti alle proprie classi lavoratrici, a cominciare dalla classe operaia della propria nazione, in intesa con tutti gli altri partiti comunisti che si pongono coerentemente in questa prospettiva.
Per questo il Partito Comunista oggi lancia i “Comitati Popolari per la Difesa della Costituzione”, comitati che si prefiggono di esprimere un punto di vista radicalmente diverso sulla politica nazionale ed internazionale, a cominciare dall’UE.
Il nostro punto di vista contro le riforme costituzionali e contro i Trattati Europei, così come contro l’euro e la NATO, è diametralmente opposto a quello dei partiti borghesi definiti “populisti”, come Lega e M5S, ma anche dalla cosiddetta ‘sinistra radicale’. Dobbiamo marcare con forza questa diversità, ribadendo che da queste gabbie che incarcerano i popoli si può e si deve uscire con una prospettiva socialista, o si può uscire “da destra”, con un’involuzione reazionaria che ci farebbe cadere ‘dalla padella alla brace’. Facciamo alcuni esempi.
Un uscita dall’euro e persino dall’UE (cosa che peraltro si sono affrettati a smentire tutti) guidata da Lega o M5S, senza rigetto del debito, nazionalizzazione delle banche e del commercio con l’estero sotto il controllo popolare, sarebbe un regalo straordinario agli speculatori esteri, ma anche italiani che continuerebbero ad avere i capitali all’estero in euro.
Una riforma costituzionale in senso “anti-casta”, che restringe i pur evanescenti spazi democratico-rappresentativi rimasti, per fondare definitivamente una “democrazia liquida” in stile USA, basata su un controllo mediatico che non va mai dalla periferia al centro, ma sempre in senso inverso, sarebbe la tomba definitiva di quello che resta della Costituzione Repubblicana.
Quindi riportiamo al centro della azione politica dei comunisti il tema del Socialismo, come unica prospettiva strategica. Creiamo un percorso politico per dare a questa prospettiva un senso che, a partire dalle lotte quotidiane nei luoghi di lavoro, ne esprima non solo l’attualità, ma anche la stringente necessità. Usiamo parole d’ordine e rivendicazioni che siano insieme qui e ora attuabili, ma incompatibili col sistema borghese, come l’esproprio dei grandi monopoli immobiliari e mobiliari, il rigetto del debito a cominciare dagli enti locali, la richiesta di un lavoro stabile e sicuro pagato in modo eguale per tutti, la difesa dei diritti e dello stato sociale.
Mostriamo in ogni occasione che dalla gabbia dell’Unione Europea si può e si deve uscire, ma con un governo popolare che non sia schiavo di speculatori interni o esteri, nella prospettiva del Socialismo intanto nel nostro Paese. In tal senso va la nostra proposta di trasformare il No al referendum sulla riforma costituzionale non solo in un No a Renzi (l’esecutore) ma anche in un No alla UE (i mandanti).
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Ma Marco Rizzo vuole fare propaganda? O fa devvero? Perché uno che ha fatto l’europarlamentare e poi fa questo è una macchietta