MOTHER : UN URLO PER LA TERRA
ARONOFSKY SORPRENDE CON IL SUO ULTIMO FILM
di Pietro Venier
Vai a vedere il film senza troppe aspettative, consapevole che è stato stroncato da più e più parti. Entri in sala prevenuto ma, una volta iniziato, il film inaspettatamente scorre senza grandi intoppi. Finisce il primo tempo e tu sei positivamente sorpreso ma decidi di non desistere: sicuramente, pensi tra te e te, rovineranno tutto nel secondo tempo. “Mother!” e così durante quella rapida e delirante escalation di azione e confusione ingiustificata ti senti finalmente soddisfatto e ridi dentro di te: ora sì che il film si sta dimostrando per la ciofeca che ti aspettavi. Guardi l’ultima mezz’ora combattuto tra il desiderio di alzarti ed andartene e la curiosità di vedere se questo delirio abbia un senso. Ai titoli di coda sei gonfio di rabbia e un po’ frustrato per aver perso due ore della tua vita ed i soldi del biglietto: urli ai quattro venti quanto il film faccia schifo e ti maledici per non avere dato retta alla miriade di recensioni negative. Poi però, sulla via di casa, ci ripensi, cercando disperatamente di dare un significato al film e finalmente lo trovi. Uno dopo l’altro tutti i pezzi vengono messi al loro posto e tu cominci a rivalutare la pellicola. Quell’opera da te poco prima tanto bistrattata si trasforma ora in quella che, forse, è l’opera più audace e piena di significato degli ultimi anni e tu sei finalmente soddisfatto di averla vista.
L’ultima fatica di Darren Aronofsky è senza dubbio un film originale a partire dalla scelta di seguire con la macchina da presa Jennifer Lawrence da molto vicino, in un modo, quasi documentaristico, che non può non far pensare alle medesime riprese, stavolta però più ampie, che tallonavano Mickey Rourke in “The Wrestler” film con cui Aronofsky vinse il leone d’oro a Venezia nel 2008. Questa volta però queste riprese provocano una grande angoscia e repulsione, si è troppo vicini a Lawrence, troppo concentrati su di lei per riuscire a comprendere e vedere bene cosa le succede attorno. Nel film oltre a Jennifer Lawrence c’è anche Lui (nel film i personaggi non hanno nomi ma è significativo il modo in cui venga chiamato questo personaggio nei titoli di coda), Javier Bardem, il personaggio che incarna l’argomento topico della filmografia di Aronofsky: l’ossessione per il proprio lavoro o comunque per ciò che si sa fare e per i suoi derivati al punto da trascurare la famiglia e gli affetti personali (si veda, ad esempio, il già citato personaggio di Randy “The Ram” interpretato da Mickey Rourke in “The Wrestler” ma, in senso più lato, anche Thomas Creo, il ricercatore protagonista de “L’albero Della Vita” interpretato da Hugh Jackman e molti altri personaggi della filmografia Aronofskiana). In questo caso siamo alle prese con un poeta ossessionato dai suoi fan e disposto a tutto pur di renderli felici, tanto da accoglierli nella sua stessa casa e permettere loro di fare di essa ciò che vogliono. Ed è questo il punto chiave del film, al di là dell’intricato sistema di simbologie bibliche che legano ogni personaggio ed ogni azione al testo sacro della religione ebraica e cristiana , è qui che l’opera lancia un fortissimo messaggio ambientalista con la casa e la stessa Jennifer Lawrence (incarnazione vivente della Casa, vera e propria Madre Terra) che vengono distrutte dagli uomini davanti ad un dio impotente, talmente innamorato di questi ultimi da lasciarglielo fare. È qui che Aronofsky urla alla sua maniera quanto sia invece importante proteggerla questa Terra, è qui che ammonisce il pubblico sulla strada che l’umanità sta prendendo e che porterà, così come nel film, alla distruzione degli stessi uomini oltre che del pianeta. Il forte grido ambientalista che questo film urla nella maniera più forte e sconvolgente possibile, facendoci vedere le cose con gli occhi stessi della Terra, che ingiustificatamente e senza comprenderne il perché, si vede distrutta da un momento all’altro, va sicuramente supportato e di conseguenza è il film stesso che va supportato e visto. Mother! dunque, con la sua complessa simbologia (interessanti anche le simbologie secondarie come, ad esempio, l’idea dell’ispirazione che una volta trasformatasi in opera e regalata alla collettività, viene stuprata ed interpretata nei modi più astrusi, come del resto il pubblico è portato a fare con il film stesso e dunque con l’ispirazione di Aronofsky) ed il suo forte grido ambientalista si rivela un’opera complessa e densa di significati che merita ed anzi rivendica una visione.
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