INFORMAZIONE ACCESSIBILE : FACCIAMO IL PUNTO DELLA NOSTRA ESPERIENZA
Intervento di Iacopo Venier – Direttore di Libera.Tv
A Torino si è tenuto un importante convengo sulla accessibilità dell’informazione, della comunicazione e dei contenuti culturali. Durante i lavori è intervenuto anche Iacopo Venier – direttore di Libera.Tv. Abbiamo recuperato una registrazione parziale ed amatoriale dell’intervento. Ringraziamo chi la ha realizzata perchè ci ha dato l’occasione di pubblicarla. Ovviamente la potete seguire sottotitolata. Ciò è stato possibile ancora una volta grazie al lavoro degli amici di On.A.I.R. con cui da sempre collaboriamo per rendere i nostri contenuti accessibili alle persone sorde.
Tutti i materiali del convegno sono disponibili sul sito di Cinemanchio
Tutti i video sottotitolati su Libera.Tv sono disponibili sul Canale di On.A.I.R
Trascrizione integrale dell’intervento
Jacopo Venier (direttore di Libera TV)
“ Le barriere invisibili di Internet. La svolta necessaria per una vera accessibilità dei contenti e dell’informazione in rete”
Diciamo che passiamo da mamma Rai a chi vive nella dimensione micro sulla comunicazione in rete. Partirei dalla fine. Se oggi dovessi andare in redazione a fare il titolo sulla giornata di oggi, visto che ci sono colleghi giornalisti, io direi “Nasce la lobby per l’accessibilità”(forse con un punto di domanda). Nasce la lobby per l’accessibilità? Questa domanda la vedremo nel processo che da questo incontro si può generare.
Per quanto ci riguarda, come giornalisti, siamo stati rimproverati dalla presidenza sull’attenzione che potremmo dare a questo evento. E’ stato detto che il prodotto culturale è un processo e non è un prodotto. Anche la notizia è un processo e non è un prodotto. La notizia ha bisogno di un’attenzione particolare e di una disponibilità ad accoglierla come tale. L’accessibilità è una notizia? Su questo dovremmo interrogarci. Io credo sia una notizia, ma dobbiamo costruire un’accensione di interesse, una sensibilità all’interesse stesso. Nel mondo dell’informazione, se la notizia è un processo, ha delle regole e queste regole sono state richiamate qui proprio dall’intervento precedente, secondo me non a caso, perché poi c’è una logica negli strumenti di informazione, queste regole prevedono un tempo. La notizia deve essere trasferita nel minor tempo possibile, costruita e trasferita nel minor tempo possibile, se no non è notizia.
Per chi ha il contratto di servizio con lo Stato questo tempo significa risorse. Per chi vive sulla rete e tenta di fare informazione in rete, questo tempo significa distogliere energie fondamentali per il lavoro da altre possibili priorità e definire questa come priorità.
Allora io dico che non è possibile fare un salto di qualità nell’informazione in rete sul tema dell’accessibilità se non ci sarà una rete che costruisca un’ecologia digitale, un mercato delle informazioni accessibili, un modo di indirizzare anche il flusso della ricerca di informazione tale da rendere sostenibile la produzione di contenuti di informazione accessibili.
Noi siamo una piccolissima testata digitale. Siamo stati svegliati nella nostra attenzione sulle questioni dell’accessibilità da una telefonata nel 2011. Mi arrivò da Carlo Eugeni che mi disse: “Bella Libera TV! Fate dei contenuti interessanti, contro corrente, si trovano contenuti che da altre parti non si vedono, ma avete mai pensato che i vostri contenuti non sono accessibili? E noi, comunicatori, anche in quella fase più di oggi, web entusiasti, avevamo un’idea che appunto a noi era stata data un’accessibilità attraverso la rete, cioè la possibilità di produrre informazione a costi bassi e teoricamente raggiungere un’infinità di fruitori di questa informazione. Abbiamo sentito subito collettivamente un limite profondo: non ci eravamo resi conto che i nostri contenuti non erano accessibili al 20% della popolazione, e allora abbiamo costruito una collaborazione con “On Air” per la realizzazione di contenuti sottotitolati. Credo un’esperienza tra poche. Perché se andate a cercare online i contenuti sottotitolati, e possiamo chiederlo ai grandi della comunicazione: il Corriere della Sera, Repubblica, ce li hanno? Non lo so.
Ce lo siamo chiesti anche da un punto di vista deontologico. Quali sono i riferimenti deontologici per un giornalista? L’unico riferimento alla questione dell’accessibilità che ha un giornalista sul piano deontologico, è nella legge del 2016 sui doveri del giornalista, che prima era preceduta dalla carta di Perugia sui diritti del malato, che diceva che il giornalista tutela i diritti dei soggetti deboli, in particolare minori, handicappati e anziani, questo è dal punto di vista deontologico l’indicazione da seguire.
Oggi abbiamo un’indicazione che non so se è tanto migliore, perché il testo unico del 2016 dice: “il giornalista rispetti i diritti delle persone malate e la dignità di persone portatrici di menomazione intellettuali, fisiche e sensoriali”. E’ quindi più specifico: nella costruzione del contenuto di informazioni devo stare attento come comunico la disabilità, ma non devo farmi carico che il veicolo dell’informazione sia accessibile.
Allora c’è un problema di giornalisti, certo. I giornalisti sono una categoria che giustamente viene picchiata e criticata per ogni mancanza di evidenza di un punto di interesse pubblico, però i giornalisti, quando gli va bene, sono dipendenti da strutture editoriali, da editori; e quando non gli va bene, sono costruttori del loro percorso di informazione e comunicazione.
Sottolineo che i giornalisti si richiamano sempre l’art. 21 della Costituzione che riguarda il diritto di informare e la libertà di stampa; invece i giornalisti dovrebbero, e tutti dovremmo, richiamarsi l’art. 3 della nostra costituzione, che dice che la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena partecipazione dei lavoratori alla vita politica e sociale del paese.
Allora qui c’è un punto politico, cioè affrontare il tema dell’accessibilità è un tema di uguaglianza digitale. E’ la costruzione di una cittadinanza digitale piena, non può che passare attraverso la rimozione delle barriere, non architettoniche, ma barriere sensoriali che impediscono la piena cittadinanza digitale e quindi la costruzione di una piena democrazia. Se la fruizione dell’informazione digitale è l’elemento fondamentale della costruzione dell’opinione di oggi, senza una opinione che sia accessibile, un’informazione che sia accessibile a tutti, non abbiamo la piena democrazia.
Quindi dobbiamo andare alla radice del problema e la radice del problema, sarò banale, ma è una questione di risorse. Posso dire anche di forma della costruzione del mondo dell’informazione, che ormai cancella la funzione del giornalista, se vogliamo essere sinceri, ma questa è un’altra discussione, non appartiene al contesto odierno.
Ma le risorse devono servire per fare informazione in modo corretto. E dentro questa c’è la questione della tecnologia, perché è vero che youtube sottolinea automaticamente i contenuti (e i sordi prima di tutto si lamentano di questo, perché li distorcono). Però youtube significa affidarsi a youtube. E noi come esperienza di comunicazione e di informazione abbiamo tentato, magari con atteggiamento utopico, di dire: il nostro contenuto non può essere affidato a una multinazionale che ha sede in California, che da un giorno all’altro può decidere che il tuo contenuto non esiste più, e vi prego di fare attenzione, nel controllo di internet stiamo andando proprio in questa direzione.
Noi vorremmo avere il nostro contenuto sul nostro server, a disposizione della nostra redazione, decidere noi quando un contenuto è disponibile o no, e questo per i contenuti audiovisivi è impossibile, perché la percezione della dimensione, l’alta qualità, fa sì che non è possibile affidarsi e quindi diventare un produttore di contenuto per altri, un produttore di traffico per altri, in un sistema che sta diventando monopolistico, perché noi parliamo di pluralità della rete, che però è di pochissimi soggetti.
Concludo dicendo che abbiamo provato a trovare delle risorse, ma non ci siamo riusciti. Abbiamo provato con la 838, presentando con On Air progetti di sottotitolazione della rete, presentando altre progettualità, avremo sbagliato a non aver presentato progetti abbastanza forti, anche per le dimensioni? Perché se sei piccolo non sei credibile e non vieni preso in considerazione nella progettualità.
Concludo da dove sono partito: è possibile costruire una rete come è stato per noi, che abbiamo trovato un partner, abbiamo fatto 375 contenuti sottotitolati, è pochissimo, però è quello che hanno potuto fare loro, anche con problemi strutturali. Se noi sottotitoliamo dentro il video, abbiamo un raddoppio del contenuto. Adesso non vado nel tecnico, però un raddoppio del contenuto significa non poter indirizzare il contenuto stesso nel modo migliore, e quindi non avere il pubblico sufficiente per crescere. Allora noi abbiamo trovato On Air che in modo volontario ha partecipato a un’esperienza di accessibilità.
Ma come si fa a dare accessibilità alla rete? Si è fatta una nuova legge del finanziamento all’editoria: hanno pensato a tutti, tranne a chi fa informazione oggi, e cioè i giornalisti che provano a fare informazione sulla rete senza essere dentro strutture gigantesche che hanno possibilità di accedere al mercato pubblicitario. Perché nella legge non c’è una linea di finanziamento per l’accessibilità dei contenuti informativi in rete che consenta a tutti di accedervi, non solo a grossi soggetti che hanno già alle spalle un grosso progetto editoriale, ma a tutti! Un comportamento dell’utente in rete che rifiuta il contenuto accessibile.
Noi dobbiamo fare sì che ci sia una consapevolezza. In questo modo i tempi si riducono. Perché se non posso produrre una notizia prima di averla resa accessibile perché violo la deontologia e violo il rapporto con il fruitore, ecco che sono pari agli altri. Ma se tutti gli altri lo possono fare e io non lo voglio fare perché sono più sensibile di altri, io pubblicherò quella notizia quando quella non sarà più notizia. Allora costruiamo questa lobby per l’accessibilità e facciamo sì che il mondo dell’informazione non sia solo rimproverato perché non dà notizia sulla giornata di oggi.
Ci vogliono risorse e ci vuole anche forse… l’agenzia per l’accessibilità digitale che riconosca lo sforzo per l’accessibilità.
Chiudo con un’ultima considerazione, visto che siamo ospiti dell’Ordine dei Giornalisti tra le altre cose: se andate sulla pagina dell’Ordine, vedete che c’è la pagina accessibile. Andate sulla pagina accessibile e il video pubblicato, che è la conferenza stampa del Presidente del Consiglio del 2016, non è sottotitolato. Quindi voglio dire c’è molto da fare in termini di consapevolezza.
Noi siamo una realtà piccola, ma credo che appunto Lilliput può ancora provarci anche senza avere troppi dubbi e illusioni sulla dimensione digitale che si sta chiudendo. Una porta si è aperta, siamo entrati, abbiamo visto una bella sala, ma adesso ci stanno buttando fuori a calci.
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