NON SI ARRESTA LA LOTTA DEI PENDOLARI DELLA PROVINCIA PER IL RIPRISTINO DELLA FERMATA LA DOMENICA
Manifestazione a Paullo dei pendolari che ripercorrono il tragitto che sono costretti a fare da quasi un anno per raggiungere la fermata sulla Statale senza alcun marciapiede
Interviste a cura di Alfredo Comito LiberaRete – Libera.tv
PAULLO (MI) – “Cosa sta aspettando il gestore? La disgrazia?” domanda Giancarlo Broglia del comitato pendolari Paullo, mentre imbocca la statale Paullese per raggiungere la fermata del bus insieme ai manifestanti. “Il gestore (AutoGuidovie) non ha risposto alle 315 firme depositate nei giorni successivi al 13 maggio” ci dice ancora Broglia. Difficoltà per muoversi e raggiungere Milano per chi non ha mezzi propri e lavora anche la domenica come ci racconta una manifestante, ma ancor di più per gli anziani che non se la sentono proprio di affrontare un percorso così pericoloso, senza alcun passaggio pedonale, quando è buio o cala la nebbia. A sostegno delle ragioni dei pendolari anche due assessori del Comune di Paullo e i sindaci di Peschiera Borromeo, Caterina Molinari, e di Pantigliate, Claudio Veneziano. Il problema, infatti, concerne tutto l’asse viario Cremona-Milano. “La cosa che più mi fa soffrire” dice Veneziano parlando ai manifestanti, “è stato il confronto che abbiamo avuto con le istituzioni, inutile, perché non ci ascoltano! E vorrei capire perché avviene questo, perché non riusciamo a far passare i bisogni dei cittadini, noi che siamo quelli che li raccogliamo!”.
In realtà, vorremmo capirlo anche noi e anche tutti i manifestanti e gli oltre 300 firmatari della richiesta consegnata dal comitato ad Autoguidovie sul ripristino della fermata dei bus in Paese.
Il problema nasce a luglio 2017 quando risultò un ammanco o una mancata copertura dei costi addotti dalla società vincitrice l’appalto Autoguidovie per coprire quella fetta di servizio. Costi coperti sempre dalle tasce pubbliche, sia chiaro. Cinquanta o settanta mila euro, dice il sindaco di Pantigliate, ma il problema non si è voluto affrontare. Allora qualcuno ricorda gli oltre 20 milioni di euro spesi dalla Regione per il referendum sulla Autonomia con tanto di Tablet da donare alle scuole e che pare le scuole non li abbiamo ricevuti, per denunziare la mancanza di volontà politica nel servire i cittadini.
La mobilità è un diritto scritto nella Costituzione, ma è anche una necessità dei nostri tempi che decreta una disuguaglianza sociale quando viene negata ai più deboli che per necessità sono legati al “servizio pubblico”. Già, ed è proprio questo il secondo aspetto del problema in oggetto che il comitato Pendolari Paullo e quello sulla ATM Pubblica, giunto da Milano per sostenere la loro rivendicazione, mettono in risalto a chiare lettere. “Quando si da in mano il trasporto ai privati, i servizi che rimangono sono quelli che fanno profitto. Se non c’è il profitto non c’è il servizio” ci dice Marco Schiaffino del Comitato ATM Pubblica. “Il privato non è più efficiente nella gestione dei servizi pubblici, perché manca l’elemento di concorrenza. Non è che io vado alla fermata del bus e aspetto l’autobus che mi piace di più, che ha servizi migliori o è più conveniente. Che elemento di concorrenza c’è se si da in gestione per cinque, sette, dieci anni un servizio ad un privato in monopolio di fatto?” conclude Schiaffino.
Il ragionamento non fa una piega, ma sarà altrettanto chiaro alle istituzioni pubbliche che si prodigano per mettere a gara di appalto tutto ciò che resta dei servizi pubblici?
Pavia ne è un esempio. La recente gara di appalto che ha visto vincitrice sempre AutoGuidovie, ha visto gli oltre 500 lavoratori occupati ridursi a 400 che, però, per conservare il lavoro, hanno dovuto dimettersi e farsi riassumere con nuovo contratto. Et voila, il primo risparmio ottenuto. 100 lavoratori in meno e tutti gli altri senza più anzianità e art.18. Un lavoro coi fiocchi.
In provincia di Milano, invece, è toccato ai cittadini dei comuni pagare il costo del margine di profitto del privato, rinunciando alla fermata in paese la domenica. Che volete farci. Sono gli effetti collaterali, ma inevitabili della impossibile convergenza tra gli interessi del servizio “pubblico” con quelli del profitto “privato”.
(131)