Migliaia di precari della scuola, insegnanti e personale ATA, scendono in piazza per chiedere la stabilizzazione dei loro contratti e una scuola che investa sulla cultura e sulla competenza
Interviste a cura di Alfredo Comito LiberaRete – Libera.tv
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MILANO – Migliaia di docenti che da oltre 10 o 15 anni lavorano nelle scuole italiane con contratti in scadenza a giugno per poi essere rinnovati a settembre, sono scesi in piazza per denunciare la loro condizione di precari e per rivendicare il diritto alla stabilizzazione. È un dato certo la cronica mancanza di decine di migliaia di insegnanti, ma il concorso previsto dal Ministro dell’istruzione non coprirebbe il reale fabbisogno di personale. Lo stesso concorso, basato su un test di 80 domande, viene contestato in quanto risponde ad una preparazione nozionistica che, invece, viene ormai rigettata dalle disposizioni più recenti sulla programmazione scolastica e sui criteri di valutazione che mirano ad un sapere non nozionistico e ad una valutazione più articolata. “Un concorso beffa che mette a bando meno della metà dei posti realmente disponibili, e che mette in competizione tra di loro i docenti facendo si che la categoria si frammenti sempre di più in piccole nicchie e sotto-nicchie” ci risponde Marco Meotto della CUB Scuola.
Accanto agli insegnanti e al personale ATA che lavora nelle scuole con cooperative in regime di appalto, sfilano anche gli studenti che denunciano le fatiscenti condizioni delle strutture scolastiche e contestano l’alternanza scuola-lavoro introdotta dalla riforma Buona Scuole del governo Renzi. Non vogliono una scuola-azienda che sia costretta a cercare i finanziamenti come una impresa e che si modelli sulle loro necessità.
“I ragazzi e le ragazze devono restare a scuola per studiare non per andare a lavorare rischiando la vita come accaduto allo studente di Reggio Emilia” ci dice una insegnante. Nonostante le numerose riforme sulla scuola succedutosi negli ultimi 20 anni, il settore della istruzione in Italia continua a soffrire di precariato, taglio di fondi e mancanza di una programmazione che sappia ridare valore alla scuola. L’Italia occupa gli ultimi posti per la spesa nella istruzione e questo ha un riscontro nel più basso numero di laureati in Europa, così come nel più alto tasso di analfabeti e abbandono scolastico.
Qualcuno diceva tempo fa’ che con la cultura non si mangia, senza sapere che lo stesso cibo è cultura, frutto di conoscenze e competenze che incidono sulla agricoltura, sulla sua capacità produttiva e sui processi di trasformazione e produzione. Ma chi pronunciava quella battuta sulla cultura e sul mangiare, evidenziava la scarsa considerazione sulla importanza della preparazione e della competenza in un mondo sempre più specializzato e competitivo nel quale il cosiddetto valore aggiunto viene creato proprio dalla conoscenza e dalla ricerca. Se l’Italia patisce un continuo stato di recessione economica, non è soltanto a causa della economia globale che consente alle imprese manifatturiere di spostare la produzione dove la mano d’opera costa meno, ma è dovuta anche alla povertà degli investimenti sulla ricerca e sulle competenze che costituisce, invece, il punto di forza dei Paesi emergenti .
L’appello lanciato dai comitati degli insegnanti precari è stato raccolto dai sindacati di base che hanno proclamato lo sciopero. “Abbiamo accolto l’appello perché siamo convinti che solo con la lotta si possono conquistare dei risultati. Chi si è seduto ai tavoli in questi anni, invece, ha firmato di tutto” ci dice un delegato del sindacalismo di base. La manifestazione milanese si è conclusa alla Università Statale di Milano.
Alfredo Comito
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