Elezioni, dall'anomalia italiana alla frammentazione.
Una prima valutazione dei risultati elettorali ci consegna alcuni dati per una riflessione da approfondire nei prossimi giorni.
Il primo dato è indubbiamente la ingovernabilità prodotta dall’esito elettorale e la conferma che una larga parte della società italiana – in modo certamente spurio – non ha espresso consenso ai partiti filo-troika e apertamente subalterni ai diktat dell’Unione Europea. E’ un risultato che conferma la disgregazione sociale del paese e lo sdoppiamento di coscienza che agisce profondamente nei settori sociali. Nella realtà italiana agiscono ormai identità di classe indefinite e redditi “spuri”. Lavoratori dipendenti proprietari di case, pensionati con piccole rendite, ceti medi impoveriti ma plurireddito. A differenza degli anni Novanta, oggi la crisi dei ceti medi non produce consenso ma disgregazione sociale.
Il secondo dato è l’indubbio risultato del Movimento 5 Stelle e di Beppe Grillo. Ha recuperato una parte dell’astensionismo, ha intercettato la rabbia profonda di una parte rilevante della società ed ha svuotato elettoralmente le forze della sinistra più che quelle della destra;
Il terzo dato è la capacità di recupero di Berlusconi e la conferma di uno zoccolo duro sociale e politico intorno alle aspettative e alla demagogia espresse dal modello berlusconiano;
Il quarto dato è la fragilità sociale del Pd. L’elettorato raggiunto dal partito meglio strutturato del paese è rimasto sostanzialmente quello di venti anni fa: lavoro dipendente, residenti delle aree metropolitane ed elettorato circoscritto alle regioni dell’Italia centrale. Si tratta di un progetto che rimane sempre più minoritario sul piano sociale.
Il quinto dato è la scomparsa, ormai definitiva, delle esperienze residuali della sinistra esistente. E’ la conferma che le somme non fanno risultato se non rappresentano pezzi reali di società. Dunque è finita una storia della sinistra nel nostro paese, inclusa quella degli eredi dei partiti comunisti succubi della via parlamentare come simulacro del rapporto di massa.
Il sesto dato è che ipotesi e ideologie come quelle di Monti e Casini hanno semplicemente sbagliato paese. I dettami della cultura liberale e le sue derivazioni proto democristiane, si conferma che non trovano spazio in una realtà sociale disgregata come quella italiana.
L’ingovernabilità impedisce al momento la “normalizzazione” voluta dalla troika Bce-Fmi-Ue. Che questo produca le condizioni per una rottura politica più profonda dipenderà anche da come – dentro questa crisi e in condizioni di crescente disgregazione sociale del paese – agiranno le forze che riaffermano l’indipendenza politica e di classe, l’organizzazione dei settori sociali e una identità antagonista adeguata.
Su questo si colloca il percorso che intendiamo mettere in campo e a confronto nell’immediato.
Rete dei Comunisti
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