Puntuale come un orologio torna la querelle sull’unità sindacale.
La punzecchiatura di Renzi sul sindacato unico, buttata lì dagli schermi televisivi, ha ottenuto il suo primo risultato, far correre Camusso, Barbagallo e Furlan a riannodare i fili della unità di sigle, cosa assolutamente diversa, se non contraria, all’unità della classe lavoratrice.
Al centro della discussione ovviamente viene posta la perdita di peso e di funzione del sindacato e la colpa la si attribuisce alla mancanza di unità sindacale.
Ciò detto quello che serve è ritrovarla subito, ovviamente a partire da una condivisa riforma della contrattazione che ha come obbiettivo l’ulteriore ridimensionamento di quella nazionale a favore di quella aziendale o di secondo livello. Poco da dire, anche stavolta Renzi trova il burro.
Nessuna ipotesi di rispondere alla provocazione sul sindacato unico mettendo in campo lavoratori e lavoratrici in carne ed ossa, solo chiacchiere e distintivo. Nessun ripensamento o riflessione su come e perché le maggiori organizzazioni sindacali italiane vivono oggi una crisi che non si manifesta in forme drammatiche solo grazie agli enormi apparati economici che li sostengono e senza i quali, e senza le fettine di potere graziosamente concesse loro negli anni trascorsi per tenerseli buoni, sarebbero già crollati come castelli di carta.
L’idea del governo della nazione è evidente a tutti tranne che ai segretari confederali. Fare a meno di ogni mediazione tra i lavoratori e i padroni e il governo, avere campo libero per ogni nefandezza, come stiamo verificando ogni giorno con i decreti attuativi del Job act, poter smantellare il welfare, partendo dalla scuola e dalle pensioni, passando per la sanità e il diritto al lavoro e all’abitare senza trovare alcun contrasto organizzato. Indebolire la classe nella sua capacità collettiva di respingere l’attacco violentissimo in corso portato all’ombra di una crisi che viene utilizzata per spianare ogni cosa. E quei tre vagheggiano di unità sindacale garantendo già a priori di sposare uno degli architravi del progetto del capitale, la definitiva archiviazione del contratto collettivo nazionale di lavoro. Le prove tecniche sono a buon punto, tutti i lavoratori della pubblica amministrazione, così come quelli del trasporto pubblico locale sono già senza contratto da anni e non si intravvedono soluzioni a breve termine. Basta dire che non ci sono i soldi per rinnovare i contratti che tutti tacciono e si autoconvincono che vada bene così e non si possa fare altro. A cominciare da Camusso Furlan e Barbagallo.
E’ evidente che ciò che manca non è l’unità sindacale di cgil, cisl e uil e magari con i tirapiedi dell’ugl al seguito, quello che serve davvero è l’unità della classe e la sua autonomia nella definizione degli obbiettivi e delle pratiche di conflitto, per riaprire una stagione di lotte senza compatibilità e senza regali ai padroni, per riprenderci quello che è nostro e per provare ad andare avanti. Contratti, pensioni, sanità e scuola pubblica, servizi sociali, reddito garantito e diritto alla casa, riduzione dell’orario di lavoro e buona occupazione su queste semplici parole d’ordine, ma che possono cambiare la nostra vita, siamo chiamati a lottare, per farlo non solo serve l’unita della classe ma serve anche spazzare via le organizzazioni sindacali complici.
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