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DALLE REPUBBLICHE PARTIGIANE
ALLE PERSECUZIONI DEGLI ANTIFASCISTI
25 aprile 1945: giorno dell’insurrezione generale, della sconfitta del fascista traditore e del tedesco invasore. I partigiani occupano le città, conquistano strade e palazzi mentre la peste bruna batte in ritirata. Colonne alleate sfilano in mezzo alla folla che acclama i liberatori della patria. Il sol dell’avvenire si affaccia sull’Italia.
71 anni dopo come antifascisti eredi del sangue partigiano, ci ritroviamo ancora per celebrare questa data cruciale della nostra storia di classe; eppure non possiamo in sincerità dire di esserci liberati dal fascismo: oltre le rituali commemorazioni, la liturgia ufficiale e la triste retorica delle equidistanze vi è un rimosso storico e mnemonico pesantissimo, una cappa mortifera fatta di oblio e revisionismo che avvolge sempre più l’epopea partigiana.
Una rimozione culturale in linea con la più generale messa al bando dal panorama ideologico e sociale dell’idea di società (e lotta) di classe; funzionale a legittimare un fascismo che nonostante la sconfitta sul campo è avanzato strisciante, tra le camere dei palazzi del potere come alla luce del sole, scortato da quelle truppe “alleate” interessate a combattere più la minaccia rossa che quella bruna.
Impunità per torturatori ed aguzzini, carriera politica per i collaborazionisti e carta bianca ai vecchi padroni, quelli che cadono sempre in piedi. Per i partigiani espatrio e galere, per il proletariato ancora miseria e servitù ed una nuova polizia.
Vogliamo cogliere allora l’occasione per riflettere e discutere di cosa fu e cosa significò davvero la resistenza oltre il mero scontro militare nell’arco di quei lunghi mesi che corrono dall’ 8 settembre del ’43 al 25 aprile del ’45; andare a scoprire la portata dello scontro di classe e della posta in gioco in quei giorni.
Per farlo abbiamo deciso di concentrarci su due aspetti solitamente poco indagati, anche tra compagni, che riteniamo paradigmatici del rimosso culturale che vediamo. In primo luogo, l’esperimento delle Repubbliche Partigiane: le zone liberate e controllate dai partigiani amministrate ed organizzate secondo l’idea di una nuova e più giusta società, che ben testimonia come non si trattò solo di resistenza all’invasione ma anche di tentativo rivoluzionario.
Successivamente andremo a far luce sulla situazione di reducismo, repressione, clandestinità ed espatrio inaugurata all’indomani della Liberazione e che investì tutte quelle forze irriducibili della resistenza (in maggioranza comuniste) che rifiutarono di deporre le armi e di veder continuare a vivere, sotto mentite spoglie, un regime odiato e combattuto: altro sangue di compagni, giovani, studenti e lavoratori veniva versato sulle fondamenta della nascente Prima Repubblica.
Ne discuteremo con:
Davide Conti
Massimo Recchioni
Bobo der Quadraro
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