CUB SGB USI AIT denunziano le spese militari e i tagli allo stato sociale e ai diritti dei lavoratori
Il sindacalismo di base torna a riempire le strade con la protesta dei cittadini contro il governo Renzi e la sua riforma della Costituzione. Mentre l’utilizzo dei “voucher” cresce, il capo del governo afferma che l’occupazione è aumentata col Jobs Act. I lavoratori rispondono: “Con la modifica dell’art. 18 siamo tutti precari”
Interviste a cura di Alfredo Comito LiberaRete – Libera.tv Lombardia
MILANO – il Sindacalismo di Base (CUB SGB USI AIT) ha chiamato ancora alla mobilitazione i lavoratori in tutta Italia per contrastare la deriva autoritaria che a diversi gradi si opera in tutto l’occidente.
Lo stesso occidente che poco tempo addietro si vantava d’essere la patria dei “diritti dell’uomo”, dello stato sociale più avanzato, garanzia della sicurezza nei luoghi di lavoro, oggi litiga per le quote dei profughi che fuggono dalle guerre e dalla fame in gran parte prodotte dalle ingerenze politiche economiche e militari dei suoi governi, smantella i diritti acquisiti dalla classe lavoratrice e si avventura in modifiche costituzionali per snellire la democrazia e decidere più in fretta.
Di certo non si può dire che le riforme sul lavoro (Jobs Act), sulla scuola (La Buona Scuola) e sulle pensioni siano costate decenni al governo Renzi. Agli atti risulta che abbia portato a termine i lavori in due anni con la maggioranza parlamentare sostenuta dal centro-destra. Un lavoro ben fatto che Silvio Berlusconi ha solo sognato. Ma, a suo discapito, bisogna ricordare che allora trovò l’opposizione della CGIL (e non solo) che indi uno sciopero nazionale e portò oltre tre milioni di persone in piazza a Roma. Il sindacalismo di base, benché non abbia ancora i numeri dei tre sindacati confederali (CGIL CISL e UIL), continua a raccogliere le rivendicazioni dei lavoratori e a sostenere la difficile battaglia per i diritti sindacali.
I sindacati di base, infatti, denunziano la mancanza di democrazia nei luoghi di lavoro a causa dell’accordo del 10 gennaio 2014 col quale si nega rappresentatività ai lavoratori iscritti alle sigle non firmatarie, e si congela il diritto di sciopero per gli altri.
Negare il dissenso e la partecipazione popolare alla vita “economica, sociale e politica del Paese” (come dice il II comma dell’art. 3 della Costituzione ancora vigente) è l’obbiettivo di questa riforma della Costituzione, affermano i manifestanti, allo scopo di legittimare la restrizione dei diritti e la precarietà del lavoro ormai sancita dai voucher in costante crescita e dal Jobs Act.
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