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fortyFree : Dopo 40 anni il NOBEL alla rivoluzione basagliana
Intervento di Gianni Peteani in sostegno al progetto di candidatura al primio Nobel
La proposta di costituzione del COMITATO D’INDIRIZZO PER LA CANDIDATURA AL NOBEL PER LA PACE al guppo di Franco Basaglia e della psichiatria triestina nasce da una serie di associazioni tra le quali la Scuola Internazionale “Franca e Franco Basaglia”, l’ASUITS, la Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo Franco Basaglia (CoPerSaMM) e la Fondazione Basaglia. Questi soggetti si sono uniti attorno allo slogan fortyFree (40 liberi) in ricordo appunto dei 40 anni della legge 180 che ha chiuso i manicomi ed ha rivoluzionato la legislazione italiana facendone un punto di riferimento per tutto il mondo. Quella legge, frutto dalla esperienza basagliana iniziata a Gorizia e sviluppatasi a Trieste, continua a dare ottimi frutti anche se non ancora pienamente attuata. E’ significativo che a sostenere in prima persona questa idea sia Gianni Peteani. Non uno psichiatra ma il figlio di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana e deportata ad Auschwitz. Gianni Peteani ha conosciuto, attraverso la sofferenza di sua madre, il metodo con cui Basaglia e la sua scuola affrontavano la cura dei pazienti. Un metodo che rompeva lo schema della segregazione e liberava il malato e con lui tutta la società. Gianni Peteani ha visto i benefici che questo approccio ha avuto su una donna che tanto aveva già sofferto proprio per la reclusione e la privazione. Da qui un ragionamento lucido ed appassionato per sostenere una proposta che davvero potrebbe ridare lustro e prestigio ad un premio che spesso non ha valorizzato personalità o esperienze così significative come quelle messe in moto da Franco Basaglia.
Articolo di : Pietro Venier
Video tratto dal sito : http://www.triestementalhealth.org/
Intervento di Gianni Peteani
Il progetto Candidatura Nobel Prize alle Organizzazioni primarie Franco Basaglia, nasce alcuni anni or sono. Talmente ampio è stato il cambiamento sociale avvenuto nella nostra città che una vera contaminazione raggiunse anche me, abituato agli spazi fisici del Comprensorio di San Giovanni e ai suoi sempre innocui utenti, in quanto la libreria dei miei genitori contava trai i clienti Basaglia e il suo Pool, prima a Gorizia e poi a Trieste.
Aver operato vent’anni presso l’international Centre for Theoretical Physics, anche al servizio del Nobel Prize pachistano Abdus Salam, mi ha portato a contatto diretto con questo antesignano del progresso scientifico dei Paesi in via di sviluppo.
La sede di Trieste a Miramare divenne vero e proprio crocevia di Nobel Prize convenuti talvolta in massa per assise mondiali e l’inavvicinabilità all’entità di questi straordinari personaggi si è trasformata in affascinazione.
L’irresistibile bagaglio morale di Franco Basaglia ha permeato la mia esistenza fino a portarmi negli anni a constatare e lamentare la grande assenza di un riconoscimento universale all’intuizione, all’impegno, alla battaglia e alla realizzazione della Liberazione manicomiale intesa come terapia della malattia mentale e non di meno della società.
Personalmente, nella condizione di figlio di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia, Deportata nei Lager di sterminio nazisti di Auschwitz e Ravensbruck, ho sentito l’impulso di evidenziare le atroci conformità di correlazione fra le pratiche e le procedure psichiatriche precedenti la 180 e i modelli esercitati dai nazisti nella saga dello sterminio di massa, culminato nel campo della disabilità, nell’Atktion T4.
Quest’area non era affatto quella che voleva sembrare. Un’apparenza ordinata, delimitata e circoscritta. Un nucleo urbano isolato ai margini della Trieste Emporio e Porto dell’Impero asburgico, cinto da un alto e invalicabile muro perimetrale con due soli accessi, chiusi la notte e sorvegliati a vista dai guardiani durante le ore di apertura.
Al suo interno la sofferenza veniva sistematicamente repressa, legata e sedata.
Per antonomasia, realtà, quanto luogo comune l’Austria era un Paese ordinato. Ordinato da rigore autoritario. Uno Stato sì multiculturale e plurilingue ma governato con il pugno di ferro, in cui le “menti disordinate” venivano celate alla Società. Al crollo dell’Impero Vienna diverrà altresì culla e laboratorio della Psicanalisi da cui Freud riparerà a Londra all’introduzione delle “leggi razziali”, fantomatico ordinamento tessuto sull’odio che sempre a Trieste venne preannunciato da Mussolini nell’infausto 18 settembre 1938 (quest’anno 80°), leggi razziste come giustamente sottolinea Liliana Segre che condussero ad Auschwitz; condussero alla Risiera di San Sabba di questa Città, unico Lager di sterminio nazista munito di forno crematorio realizzato in Italia e nell’Europa meridionale dall’occupatore; portarono alla lunga teoria di Campi di stermino della lucida follia del III Reich.
Per la definizione organica di quell’Ordine così perfetto che ebbe ultimo Patriarca un Franz Joseph già intriso della decadenza che lo porterà al collasso, venne progettato e realizzato il Grande Ospedale Psichiatrico di Trieste, con le sue antropomorfe simmetrie rassicuranti, fatte di padiglioni speculari, viali e vialetti, in cui orientarsi senza sorprese. Un sostanziale inganno: questo è stato il Comprensorio di San Giovanni, simulacro di amena serenità, in verità terra di nessuno, senza leggi, tutele e salvaguardia in cui brutalità senza requie e violenza inusitata hanno versato sangue innocente.
Franco Basaglia e suo Pool hanno sviluppato l’autocoscienza dell’Uomo. Hanno elaborato la svolta e la fine di quel sordo massacro. Nella loro grande intuizione hanno compreso quanto fosse importante l’interazione della Società, la consapevolezza collettiva dell’inclusione e del supporto. Quell’esterno complice di omertà e negazione che la Storia ha palesato nella Germania nazista che taceva sulla Shoah che esercitava il macello di milioni di vite fuori dai propri confini ma lo organizzava pedissequamente al suo interno.
Qui, proprio il borgo di San Giovanni divenne Laboratorio di Libertà e condivisione.
Alla Memoria di Franco Basaglia è imprescindibile giungere alla Candidatura al Nobel Prize per la Pace assieme al suo staff e alle Istituzioni e Associazioni che rappresentano quel meraviglioso percorso di Liberazione al fine di assicurare alla Storia e alla Memoria quell’immenso passo in avanti per l’Umanità, infinitamente più importante e concreto del molto più famoso di Amstrong sulla luna.
Riguardo a Franco Basaglia nessuno più di lui avrebbe meritato essere consacrato Santo subito! Chissà che Papa Bergoglio non ci pensi … !
Ancor’oggi non riesco a trovare “bello” il convertito e liberato Manicomio di San Giovanni. Vivo questo posto come il Lager di Terezin, spettrale messa in scena atta a dissimulare le atrocità ivi perpetrate. La sua vistosa bellezza, gli ampi spazi giocati tra il verde dei giardini e la confortante apparenza delle sue simmetrie prospettiche trattengono ancora le grida dei tanti che qui vennero istituzionalmente privati di dignità, libertà e vita.
Protocolli di segregazione e annientamento si avvalsero lungo tante generazioni di raccapriccianti sadismi inferti nell’indifferenza della routine del male a donne e uomini, senza differenziazioni, nell’azzeramento e cancellazione identitaria della persona fisica e giuridica.
La tortura assurta a sistema persuasivo: terrore, paura e angoscia perpetrate per silenziare la sofferenza. Il paziente catatonico era il risultato perfetto. La lobotomia alias psicochirurgia progredì negli anni guadagnando nel 1936 il Premio Nobel in Medicina al portoghese Egas Moniz.
In seguito lo statunitense Walter Freeman (… uomo libero) applicò una versione che raggiungeva il tessuto del lobo frontale attraverso i dotti lacrimali.
In questa lobotomia, detta transorbitale, veniva martellato l’orbitoclasto, acuminato chiodo chirurgico atto a perforare lo strato osseo sopra la palpebra. Roteato energicamente lo strumento separava (o meglio, dilaniava con terrificante approssimazione) il lobi frontali. Questa tecnica veniva eseguita ambulatorialmente anziché in sala operatoria, richiedeva pochi minuti e nessuna degenza. Freeman raccomandava la procedura anche ai pazienti con lievi sintomi. Praticò indiscriminatamente l’annientativa mutilazione irreversibile a migliaia di persone.
L’incolmabile baratro di questo abominio non sarà mai risarcibile ma a Basaglia e al suo Gruppo, Eroi della Libertà, va la Medaglia al Valore per aver enucleato e contrastato fino alla demolizione quel meccanismo perverso di violenza assoluta.
Nell’ambito del Manicomio convenzionale vessazioni, bastonate, camicie di forza, sedazioni farmacologiche massive, costituivano una parte soltanto dello schema complessivo, nell’ultimo stadio gerarchico garantito dal personale di sorveglianza, a freddi esecutori strutturali di deprivazione, Kapò allenati a colpire e massacrare di botte senza uccidere.
La cancellazione delle fasi della Storia attraverso la conversione globale dei manufatti rasenta la “rimozione”.
Qui a San Giovanni con un pur giusto criterio di superamento del passato sono stati eliminati gli stilemi della repressione, edulcorando quella realtà che doveva essere conservata, esposta e divulgata propriamente a officio e museo di quell’intrinseca malvagità.
Sono stati recentemente cancellate anche le opere dell’Artista Ugo Guarino che trasversalmente siglavano la Libertà su quelle lugubri pareti di contenzione. Oggi tutto risulta nuovamente idilliaco e incantevole.
Senza dubbio bellissimo il radioso Parco delle Rose ma al contempo affidabile ad esempio a Peter Eisenman, architetto del Memoriale a ridosso della Porta di Brandeburgo a Berlino, l’ideazione di un Monumento alle vittime della macchina di annientamento rappresentata dal Manicomio svelato e interrotto da Basaglia e i suoi collaboratori.
E’ importante istituire un’area di specifica caratterizzazione museale, con tutti gli strumenti di coercizione, dall’apparecchiatura per l’elettroshock alle gabbie di contenimento, dalle vasche per immersione alle celle imbottite, dai forcipi per i parti coatti a tutti gli arnesi del terrore manovrati impietosamente nell’Olocausto della disabilità mentale protrattosi impunemente, qui fino agli anni’70 e ancora praticato nel Mondo.
La fusione tra scienza, lavoro di squadra, traguardi e conquiste fondamentali per il Progresso della Società Umana, ha portato al disegno e all’approvazione dell’apparato legislativo riconosciuto nella rivoluzionaria Legge 180 che quest’anno compie quarant’anni. Trieste e il Modello Basaglia è esportato in tutto il mondo. Trieste capofila nell’affermazione di Protocolli di Libertà è strumento internazionale di rinnovamento sociale e crescita morale.
Informalmente ho ottenuto l’adesione, in qualità di ultima tenace testimone della Storia, della Senatrice a Vita Liliana Segre, voce riemersa dopo sessant’anni di blocco/depressione e impossibilità a contrastarne il demone. Liliana Segre, monito di Pace vivente di quella Storia maledetta marchiatale sul braccio, per la sua straordinaria fermezza avversa a qualsiasi forma segregazionista/concentrazionista è una presenza d’eccellenza a sostegno di FORTYfree – Basaglia.
Per quel suo travagliato viaggio di riemersione, sempre in bilico tra quotidianità e il male profondo sotto al quale Primo Levi venne a soccombere, la firma della Senatrice Liliana Segre è doppiamente rappresentativa nel parallelo inscindibile tra Memoria dell’Olocausto/Deportazione e strenua salvaguardia dei Diritti fondamentali.
Incoraggia e concretizza un margine di manovra di reale fattibilità il dato che dall’istituzione del Nobel Prize, tra le 128 assegnazioni di Nobel per la Pace da 1901, 24 volte siano state insignite Associazioni.
Nella fattispecie, l’assegnazione ad Amnesty International del ’77 conforta per consonanza di obiettivi, nonostante le pur ovvie distanze e differenze del caso.
Nel 1977 il Nobel per la Pace è stato assegnato ad Amnesty International (UK) per la Campagna contro la tortura, l’Organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani e il cui scopo è quello di promuovere, in maniera indipendente e imparziali il rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani e quello di prevenirne specifiche violazioni. Profilo tangente ai dettami della 180.
Il Nobel Prize consiste nel lascito testamentario di Alfred Bernhard Nobel istituente Premi annuali a scienziati distintisi in cinque discipline scientifiche: Fisica, Chimica, Medicina, Letteratura, Economia e uno per la Pace.
Nobel, inventore della Dinamite scelse questo palliativo assolutorio come parziale risarcimento morale all’incommensurabile devastazione moltiplicatasi nei conflitti bellici che hanno flagellato l’Umanità e continuano a proliferare all’insegna della sua propria invenzione.
A noi il compito di contribuire nel nome di un fantastico Uomo di Pace, Franco Basaglia e del suo storico gruppo di collaboratori e assistenti, alla consacrazione del primato della Libertà tramite la candidatura di Nobel Prize per Pace, per un futuro migliore a ogni latitudine, vicino e lontano da questo posto che primo vide abbattere cancelli, reti e barriere, come il 27 gennaio 1945 avvenne ad Auschwitz.
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Non riesco a trovare parole che possano esprimere, in nome della consapevolezza della nostra, a volte, limitata cultura, la figura di un uomo come Franco Basaglia ed in questa consapevolezza dovremmo cercare di andare sempre più avanti allargando il suo insegnamento alla pratica quotidiana, perché questo avrebbe voluto rimanesse di quella “fantastica” esperienza !