Il cinema di genere usato per denunciare il razzismo
Neofascisti, Migranti e Zombie: Luna Gualano racconta l’Italia di oggi in un horror politico
Siamo nell’estate del 2016, è appena avvenuto l’omicidio di Fermo e la regista Luna Gualano sta viaggiando in macchina assieme allo sceneggiatore Emiliano Rubbi. D’un tratto lui si gira verso di lei: “Dovremmo fare uno zombie movie ambientato in un centro d’accoglienza.”, lei non crede alle sue orecchie, l’idea è forte, è una potenziale operazione insolita e coraggiosa all’interno del panorama cinematografico italiano: cinema di genere e zombie usati come metafora di un odio bieco e ottuso, quasi istintivo, che si propaga a grande velocità, come un virus, ed è talmente feroce da distruggere tutte le capacità raziocinanti di un individuo. Un odio capace di albergare all’interno di chiunque e che si batte per uscire allo scoperto quando, spinti dal resto della comunità zombesca, ci si trova davanti a qualcosa di nuovo ed apparentemente diverso, di troppo complicato e faticoso da comprendere approfonditamente.
I due si mettono subito al lavoro e già prima della fase di sceneggiatura cominciano a cercare i fondi e le risorse necessarie per realizzare il progetto. I primi aiuti arrivano da alcuni centri sociali (Intifada e Strike) che consentono anche di riprendere al loro interno e da questo momento in poi il progetto comincia a prendere realmente corpo: varie piccole case produttrici indipendenti (tra cui la stessa “La Zona”, fondata dai due co-autori) uniscono le forze e numerosi musicisti, tra cui Il Muro del Canto, i Train to Roots, Daniele Coccia e Piotta si prestano a collaborare alla colonna sonora insolitamente ricca per un film sugli zombie. Alla fine arrivano anche le ciliegine sulla torta: la locandina disegnata da Zerocalcare e la campagna di crowdfunding a budget già raggiunto che regala un minimo di respiro in più al film.
Nasce anche l’idea di coinvolgere direttamente alcuni migranti che vivono realmente all’interno dei centri d’accoglienza e così durante la preproduzione viene lanciato anche un progetto collaterale: Il Ponte Sullo Schermo un laboratorio di videomaking, tenuto dalla stessa regista (e che continuerà ad esistere anche dopo l’uscita del film), indirizzato a vari richiedenti asilo ospiti in diverse strutture della capitale, all’interno del quale sono stati trovati e formati molti degli attori non professionisti che poi hanno realmente partecipato alle riprese.
Due anni dopo quel viaggio in macchina l’impresa è compiuta e Go Home – A Casa Loro, si presenta alla Festa Del Cinema Di Roma, nella sezione Alice nella Città, ed al Trieste Science + Fiction Festival forte di una trama concreta e suggestiva: durante una manifestazione neofascista davanti ad un centro d’accoglienza scoppia un’invasione zombie ed Enrico, militante di estrema destra, si trova costretto a rifugiarsi all’interno della struttura ed a imparare a vivere insieme ai migranti. Gualano e Rubbi segretamente si auguravano di essere già datati al momento della loro uscita, speravano che l’ondata xenofoba durante il periodo di lavorazione si sarebbe sgonfiata, invece siamo arrivati al punto che è lo stesso governo italiano ad alimentarla con le sue azioni e così un film che fino a qualche anno fa saremmo andati a vedere incuriositi dalla trama diventa di colpo necessario e fondamentale per riflettere su noi stessi e sul nostro tempo.
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