Beirut, il diario di Tuf Tuf – Geoges Ibrahim Abdallah, prigioniero politico.
Di Tuf Tuf
http://sabraechatila.wordpress.com/2013/01/17/beirut-il-diario-di-tuf-tuf-10-geoges-ibrahim-abdallah-prigioniero-politico/
BEIRUT, 18 Gennaio 2013 – Era l’ottobre del 1984, quando a Lione la polizia francese arrestava Georges Ibrahim Abdallah con l’accusa di concorso negli omicidi avvenuti a Parigi tra il gennaio e l’aprile del 1982 del diplomatico israeliano Ya’acov Bar Simantov e del colonnello USA Charles Robert Ray, segnando l’inizio di una lunga detenzione la cui legittimità è ancora oggi assolutamente controversa.
L’ATTIVITÀ POLITICA – Militante comunista in varie formazioni politiche della sinistra libanese, Georges Ibrahim Abdallah, con lo scoppio della guerra civile e la successiva invasione israeliana del Sud del Libano, si impegna attivamente nelle operazioni di resistenza prima col Fronte Popolare per la Liberazione della Palesina, poi, dal 1979, con le neonate Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi (FARL), formazione rivoluzionaria antisionista ed antimperialista, che nel 1982 rivendicherà gli omicidi dei due diplomatici di cui sopra.
Un curriculum sufficiente perchè le autorità francesi, nonostante l’assenza di evidenze che provino un suo coinvolgimento diretto nelle operazioni di commando, convalidino il suo arresto nel 1987 con l’accusa di terrorismo. Ma procediamo con ordine.
LA VICENDA GIUDIZIARIA – Quando le autorità francesi arrestano Abdallah, gli unici elementi ‘compromettenti’ trovati in suo possesso erano alcuni volantini che indicavano la sua appartenenza alle FARL e un ‘vero-falso’ documento d’identità, ovvero un passaporto algerino legalmente rilasciato, ma con false generalità. Nessun elemento utile dunque per una condanna, se non per possesso di documenti falsi, pena che in Francia prevede 18 mesi di reclusione. A questa va ad aggiungersi nel luglio del 1986 l’accusa di detenzione di materiale esplosivo e di armi, per un totale di 4 anni.
Il 28 febbraio 1987 Abdallah viene nuovamente chiamato in tribunale a seguito del ritrovamento di armi in un appartamento secondo la corte a lui riconducibile, e, sempre secondo la corte, di una pistola in particolare legata al commando implicato negli assassinii di Ray e Bar-Simantov. Da qui la condanna per terrorismo.
La vicenda giudiziaria di Georges Abdallah presenta diverse anomalie, emerse con evidenza crescente nel corso degli anni a seguito di dichiarazioni rilasciate da varie parti implicate attivamente nella vicenda, le quali si intersecano su più piani al contesto politico internazionale dell’epoca, e in particolare allo scacchiere mediorientale.
IL COMPLOTTO DI INTELLIGENCE – La prima grande ombra è rappresentata da uno degli avvocati impegnati nella difesa di Abdallah nelle prime fasi del suo arresto, Jean-Paul Mazurier, che nel 2001, nel corso di una lunga intervista lasciata a Liberation, ha rivelato come all’epoca venisse pagato dai servizi di intelligence francesi perchè riportasse le informazioni ottenute dal suo assistito sull’attività delle FARL. Informazioni preziose, grazie alle quali i servizi di intelligence riuscirono ad infiltrarsi nel movimento e ottenere gli elementi necessari ad incastrare Abdallah.
Tale strategia troverà conferma anche nelle dichiarazioni di dell’ex-direttore del DSF (i servizi di intelligence interna) Yves Bonnet, che nelle sue memorie ammetterà che l’attività del suo dipartimento contro Abdallah non è stata altro che «un’illegale cospirazione di intelligence».
LE PRESSIONI AMERICANE – Dopo la condanna per possesso d’armi dell’ ‘86, l’ambasciatore USA in Francia e la famiglia di Charles Ray, si costituiscono parte civile nel procedimento contro Georges Abdallah.
Quando questi viene di nuovo chiamato alla sbarra nel febbraio dell’ ‘87, con grande sorpresa della difesa, si ritroverà a rispondere di un accusa non contemplata nel processo originario, ovvero di concorso in attività terroristica, dopo il miracoloso ritrovamento della presunta pistola utilizzata dal commando delle FARL nell’omicidio dei due diplomatici in un appartamento a lui riconducibile.
Il tribunale lo condannerà allora all’ergastolo, nonostante la richiesta del pubblico ministero fosse la condanna a soli 10 anni di reclusione.
Il sospetto (fondato), è che la decisione del giudice sia frutto diretto delle forti pressioni in tal senso esercitate dal governo americano, all’epoca alleato numero uno delle forze occupanti israeliane in Libano.
A rafforzare questa pista ci sono le rivelazioni di Jacques Attali, allora consigliere del Presidente francese Mitterand, che nel suo libro di memorie ha fatto menzione di un messaggio inviatogli nel giugno ‘86 dal Consigliere per la Sicurezza di Ronald Regan John Pointdexter, nel quale il governo francese veniva messo in guardia da una eventuale scarcerazione di Abdallah prima del suo processo per terrorismo e prima che il governo americano avesse ottenuto tutta la documentazione a riguardo, chiedendosi poi come gli americani avessero fatto ad ottenere informazioni di cui egli stesso era all’oscuro.
DETENZIONE ILLEGITTIMA – Dal 1999 Georges Abdallah è nella posizione giuridica di poter ottenere la libertà condizionale che gli permetterebbe di rientrare finalmente in Libano. Da allora i suoi legali hanno più volte richiesto alla corte che la libertà condizionale gli venisse concessa, senza ottenere successo, complici le forti pressioni del governo americano contro il suo rilascio.
Lo scorso 10 gennaio tuttavia, dopo anni di battaglie legali e politiche, la Corte d’Appello di Parigi si pronuncia definitivamente in favore della liberazione di Georges Abdallah che, sencondo la legge francese, sarebbe dovuto essere rimpatriato entro e non oltre il 14 gennaio.
Immediata la reazione del Dipartimento di Stato USA attraverso il portavoce Victoria Nuland: « Riteniamo che [Abdallah] non debba essere rilasciato, e stiamo continuando i nostri colloqui a riguardo con il governo francese. (…) Nutriamo serie preoccupazioni che possa ritornare sul campo di battaglia».
Tanto è bastato perchè nella mattina di lunedì, il Ministro dell’Interno francese Manuel Valls (unico soggetto giuridico in grado di opporsi al rilascio di Abdallah) si sia rifiutato di firmare il suo ordine di espulsione, rinviando qualsiasi decisione al prossimo 28 Gennaio.
LE MOBILITAZIONI – Da lunedì 14 gennaio Abdallah è di fatto ostaggio del governo francese.
Lo sanno bene le organizzazioni che in tutti questi anni si sono impegnate senza sosta per far luce su questa vergognosa vicenda politica e giudiziaria.
«Il rifiuto del governo francese», ci ha spiegato Hassan Sabra, mebro del Comitato Internazionale per la Liberazione di Georges Abdallah, «è dipeso da due fattori principali. Innanzitutto dalle forti pressioni americane e onsestamente non ci aspettavamo che la Francia potesse essere così servile. In secondo luogo per l’inizio delle operazioni in Mali. La Francia ha appena iniziato un operazione militare in nome della lotta al terrorismo, non può permettersi di rilasciare quello che ritiene un terrorista»
Da lunedì il Comitato, animato in particolare dai familiari di Georges e dall’Unione dei Giovani Democratici Libanesi, ha allestito un presidio permanete davanti all’ambasciata francese a Beirut per far pressione sul governo dell’Eliseo perchè liberi quanto prima Georges Abdallah, con il supporto di varie associazioni quali quella degli Ex-Detenuti nelle Carceri Israeliane di Hezbollah, del Partito Comunista Libanese, e di tantissimi esponenti della società civile. Nella giornata di giovedì 17, la protesta ha coinvolto tutto il territorio nazionale, con manifestazioni davanti alle sedi dell’Intitut Français a Sidone, Tiro, Baalbak, Tripoli, Deir el-Qamar e Nabatieh.
L’intenzione è quella di mantenere le mobilitazioni almeno fino al 28 gennaio.
Georges Abdallah è ingiustamente detenuto in Francia da 28 anni, pagando per essere sempre rimasto fedele al suo antimperialismo e al suo antisionismo.
Di fronte alla palese anomalia giuridica e alla strumentalizzazione politica della sua detenzione, l’appello va a tutte le forze antimperialiste e antisioniste affinchè si uniscano alla protesta, premendo con decisione per la sua liberazione.
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